FEMINIZED STORIE vol.2

FEMINIZED STORIES vol.2

Ed eccolo qui! Il nuovo libro della Vale. - (clicca sulla scritta sopra per leggere l'articolo) - Ancora una raccolta di racconti sulla ...

domenica 31 maggio 2020

DEBUTTO

Femminilizzazione forzata intro: Come pensi sarà il tuo debutto?...

Giornata pensante al lavoro, quasi eterna! Arrivo a casa stanco, dopo le 20.00 e appena fatta la doccia non ho proprio voglia di prepararmi qualcosa da mangiare. Sono indeciso tra fermarmi al Mac a prendere due hamburger al volo e tornarmene a casa o andare a quel nuovo locale appena aperto, forse già da un mese, a mangiarmi un panino con una birra.

Ci penso un attimo mentre il phon mi asciuga i capelli e poi opto per qualche ora all’aperto; mi vesto, salgo in macchina e dopo dieci minuti apro la porta del locale.

Una ragazza carina mi indica un posto nell’angolo destro del locale, mi siedo sulla panca di destra, davanti al tavolino nell’angolo; la panca occupa tutta la parete, mentre ci sono davanti quattro tavolini. Guardo il menù e ordino un mega panino con bresaola, rucola e grana, accompagnato da una birra rossa media.

Il locale è semi-deserto, ci sono persone un po’ sparse ovunque tranne per la panca dove sono seduto io. Poco dopo si siede vicino a me una ragazza, mentre sto sorseggiando la birra e guardando distrattamente il cellulare, sento che ordina il solito alla cameriera, e dunque dovrebbe essere una cliente abituale; metto il blocca schermo al cellulare, lo infilo nella tasca e i miei occhi posano lo sguardo sulle sue gambe, velate dentro nei collant color fumo, la gonna corta che viene aggiustata con la mano e i piedi, infilati in dei tacchi alti color nero lucido.

Sto li a guardare quello spettacolo senza accorgermi che mi sta guardando stupita, vedo che allunga la sua mano destra e la appoggia sulla mia coscia sinistra iniziandola a massaggiare. Normalmente avrei preso la mano e l’avrei allontanata repentinamente, ma quella sera, vuoi la stanchezza, vuoi non so che cosa, ho iniziato a fissare quelle unghie rosse che avanzavano verso il mio inguine e si avvicinavano al mio membro che stava andando in erezione.

“Ecco il tuo panino Roby”

La voce della cameriera mi fa alzare lo sguardo e distrarre un attimo, mentre lei ritrae la mano e con la stessa prende il boccale di birra sorseggiando un po’ del suo contenuto.

Non so come, ma ora è la mia mano sinistra che si avvicina a lei, che parte da appena sopra il ginocchio, che scivola sul liscio delle calze fino ad arrivare al bordo della gonna; mentre il calore avvampa sul mio volto, il pollice alza il bordo della gonna e inizia ad infilarsi sotto, sentendo il bordo delle autoreggenti, continua fino a sentire la pelle liscia, continua fino a toccare il pizzo delle mutandine. La mia mano sta esplorando e si sta dirigendo verso il centro quando lei appoggia la sua mano sopra la mia, sussurrandomi un “non è che adesso ti spaventi?”

Il mio sguardo si alza fino a raggiungere il suo viso sorridente, la sua mano destra si infila sotto la gonna, mi afferra il posto e lo spinge verso il mezzo delle sue gambe, mentre avvicinandomi le sue labbra alle mie, con l’altra mano inizia a massaggiarmelo sussurrandomi: “spero non sarai sorpresa!”
Dallo stupore all’imbarazzo passa meno di un secondo, la mia mano tocca qualcosa dietro le mutandine, ma non è quello che mi sarei aspettato.

“Scusa, io, non mi immaginavo che”

“Non devi scusarti caro, ma dimmi la verità: ti sei eccitato vero?”

“Beh, in effetti si!”

Ci lasciamo andare ad una sonora risata mentre le nostre mani si ritraggono, iniziamo a parlare del più e del meno e finita la birra, facciamo un altro giro, con una piccola e poi un altro ancora.

Non so se ero un po’ alticcio, se ero stanco o non so cosa, ma mi ha convinto a partecipare ad una serata un po’ particolare che si sarebbe svolta la settimana prossima, il martedì sera. Mi ha dato l’appuntamento da lei alle ore 20 e non mento se dico che per i restanti sei giorni non ho pensato ad altro.

Finalmente arriva il martedì e puntuale suono al suo campanello. Mi apre, la guardo da cima ai piedi, avvolta in un tubino rosso che parte dal collo per arrivare appena sopra il ginocchio, seni abbondanti, calze a rete, scarpe nere con tacco.

“Allora sei pronto per divertirti? Un’oretta e saremo pronti”

“S-Si!”

Con cuore in gola, deglutisco e mi faccio prendere per mano: lei mi porta nella stanza da letto e con l’altra mano, facendo una specie di riverenza mi dice “avrei pensato a questo per te stasera”.

Sul letto un abito bianco, con le spalline e con un ampio spacco, a fianco perizoma e reggiseno di pizzo bianco, più a lato delle calze nere e un paio di scarpe col tacco aperte sul davanti.

“Rimani in mutande e siediti qui”.

Eseguo, sono molto eccitato e non cerco di nasconderlo, mentre lei prende una boccetta di smalto ed inizia ad applicarmelo sulle unghie dei piedi. Io rimango li imbambolato a fissarla, mentre terminato, passa alle mani.

“Poi hai scelto il nome che vorresti avere stasera?”

“Va-Valentina”

Rispondo, mentre le mie guance si fanno di un rosso intenso per la vergogna.

“Vale, tranquilla, rilassati che poi vedrai che ti diverti”

Dicendo ciò inizia a truccarmi il viso ed una volta finito, mi aiuta a mettere su il reggiseno e le calze ed una volta tolte le mutande, il perizoma.

“Entra qua, così, brava”

Il vestito bianco mi sale sui fianchi e mi avvolge, mi aiuta a infilare le spalline, allaccia la cerniera sul retro e dice “Ora il tocco finale”.

Prende una parrucca appesa ad un manichino e me la mette sui capelli, la aggiusta, la pettina un poco e poi mettendomi la mano sul mento, mi spinge il viso in direzione dello specchio e mi chiede “Che cosa te che pare?”

Spalando la bocca e davanti allo specchio trovo una ragazza che la spalanca a sua volta, e che rimane li imbambolata; sposto la mano fino a sfiorare la guancia e mi riguardo dal basso verso l’alto dicendo ad alta voce “Wow, come sei bella Valentina”.

Mi ci vuole un po’ per metabolizzare l’accaduto che quasi non mi accorgo di essere uscita di casa, essere salita in macchina ed essere già arrivata al locale. Entrando altre ragazze salutano la Roby che dispensa baci a tutte, e nel farlo, mi presenta a loro. Io sono un po’ spaesata, anzi, frastornata da tutti quei complimenti, quei baci e quelle frasi carine.

La serata trascorre piacevolmente, mi trascinano pure a ballare qualche canzone sulla pista, beviamo qualche aperitivi, forse un po’ troppi, e quando siamo vicini a mezzanotte mi devo assentare per qualche minuto per andare in bagno.

Al mio ritorno, il tavolo dove eravamo seduto è pressoché deserto, tranne che per le borse e le giacche lasciate sulle poltroncine a lato. Chiedo alla cameriera che sta ripulendo con una spugna il tavolo e gentilmente mi risponde:

“Lei è la signorina Vale giusto? La Roby la sta aspettando di la, alla saletta 105”

Aggrotto un po’ le sopracciglia e mi dirigo nella direzione che mi ha indicato la cameriera, spingo la porta, ed entrando trovo la Roby e la sua amica Desy che mi aspettano appoggiate sopra ad un divano di pelle nera.

“Ti stavamo aspettando, vieni qui” e mi invitano a sedere tra di loro. Io mi siedo tra quelle gambe avvolte con le calze a rete, quando loro si alzano e si tolgono i vestiti, restando in reggiseno e mutandine.

La Roby si dirige verso un tavolino a lato della stanza, apre un cassetto e ne estrae una piccola frusta, poi avvicinandosi a me, mi sussurra all’orecchio: “Tienila e saresti così gentile da frustarci?”

Io rimango ancora con la bocca spalancata per qualche secondo, poi riprendendo fiato gli dico “Scusatemi, ma non ci riesco!”

“Dai Vale, hai paura di farci male?”

“No, non è per quello, scusatemi, ma non ci riesco proprio”.

“Non ti preoccupare, forse per la prossima volta”.

Spingendomi sul retro dello schienale del divano

“Farai a noi”

Mentre la Desy mi prende la testa e me la preme su una fila di cuscini posti sul divano.

“Quello che adesso”

E con la mano sinistra la Roby mi alza il vestito scoprendomi le natiche

“Faro io a te”

Un attimo, sento uno schiocco e poi un dolore lancinante al fondo schiena; i miei urli sono attutiti dai cuscini premuti sulla mia bocca, mentre la Roby continua a colpirmi con la frusta.

Perdo il conto, sento solo lo schiocco che continua incessante, dieci, venti, sento bruciare dappertutto, trenta quaranta, le mie urla diventano dei mugugni sommessi, cinquanta, comincio a singhiozzare e poi le lacrime iniziano a rigarmi il volto.

Per oggi basta, mi rimettono in piedi, mi riaggiustano il vestito e come se niente fosse, la Roby mi prende la mano e mi accompagna fuori verso il tavolo dove avevamo trascorso la serata.

Qui ci sono tutte le altre otto amiche, mi guardano per qualche secondo, ma poi fanno finta che non sia li tra loro; sono ancora li che singhiozzo, con le lacrime che mi hanno rigato il volto, quando la Roby mi mette la mano sul fondo schiena, mi tira a se e dandomi un bacio sulla guancia, dice “benvenuta sorellina”.

Tutte le sorelline applaudono e le mie lacrime diventano un misto di dolore e gioia; la Roby si alza, mi allunga la mano e salutando le altre dice “noi andiamo, la serata è ancora lunga”.

Io la guardo stupida, per la terza volta della serata con la bocca spalancata, lei mi strizza l’occhio e mi trascina fuori dal locale…

 Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd -  30 maggio 2020

domenica 24 maggio 2020

SERATA PARTICOLARE

 Femminilizzazione forzata intro: Quando pensi di dominare la scena, ma finisci dominato...

"Sali su da me?"

Quattro parole, le quattro parole che ogni uomo vuole sentire al termine di una serata romantica. Inizio a fantasticare e lo ammetto: rimango lì imbambolato mentre lei mi guarda chiedendosi se io abbia intenzione di terminare qui la serata.

"Si certo, volentieri!"

Ci sediamo sul divano, lei accende un CD, musica d'atmosfera: abbassa le luci e si siede di fianco a me. Parliamo del più e del meno per una decina di minuti e poi tutta d'un tratto si zittisce e mi appoggio la mano sulla gamba sinistra.

"Che caldo che fa, Che ne diresti di toglierti questa roba qui?"

E dicendolo, fa scorrere la sua mano sulla mia gamba, arrivando fino all'altezza delle mutande. Io non parlo, con un solo gesto tolgo t-shirt e canottiera, poi mi slaccio i jeans e li faccio calare fino alle caviglie.

Lei rimane lì di fianco guardarmi, poi mi posa nuovamente la mano sul fianco e sale sul petto fino ad arrivarmi capezzolo sinistro; inizia a giocherellare tenendolo tra indice e medio i massaggiandolo col pollice, continua fino a che me lo fa indurire e poi passa all'altro.

Io le passo una mano intorno al suo collo e la stringo a me, cercando di avvicinare le mie labbra alle sue, però lei mette la mano sinistra in mezzo alle nostre bocche e fa "shhh"

La mia mano destra si appoggia sul suo ginocchio e comincia a salire verso l'alto, lei la blocca con l'altra mano, alche le dico: "c'è qualcosa che non va?"

La sua mano si sposta sulle mie mutande e tenta di abbassarle, io l'aiuto togliendole e abbassandole  sotto le ginocchia.

"È che oggi mi sento uomo".

E nel dire ciò, avvicina la sua bocca al mio seno destro, leccandolo e succhiandolo, mentre il suo indice sinistro penetrare il mio fondoschiena e inizia a graffiare le pareti del retto.

Ho un sussulto quando comincia mordermi il capezzolo: con la mano allontano il suo viso dal mio petto e lei in tutta risposta mi dà uno schiaffo con la mano destra mentre l'indice sinistro entra più in profondità.

Urlo un "ahia", ma lei di tutta risposta si avvicina e infila la sua lingua nella mia bocca, dandomi un bacio appassionato e continuando a muovere il suo ditino dentro di me.

"Vuoi essere la mia donna per stasera?"

Mi sussurra tra una pausa e l'altra di questo bacio appassionato, ed io che sono in preda ad una crescente eccitazione ed a un calore che mi divampa da dentro, rispondo con un "S-SI".

Toglie la sua mano, si alza e mi guarda emozionata, io la guardo a mia volta, vedo una splendida ragazza che si sta togliendo la maglietta davanti a me, slaccia il reggiseno e me lo getta sul viso.

"Mettitelo!"

Sono imbarazzato, continuo a guardarla mentre si china a prendere la mia canottiera e la maglietta, se le infila facendole scendere lentamente sul suo corpo sinuoso. Poi si toglie gonna, mutande e autoreggenti, buttandoli sul divano a fianco a me e mentre sono ancora impacciato nel tentativo di allacciare il reggiseno, si infila la mia roba, mutande calze e pantaloni, stringendo la cintura per non perderli ed essendo molto più larghi, fanno l'effetto di un sacco.

"Oh, ma come sei imbranata Valentina!"

E andando dietro le mie spalle, me lo allaccia in un attimo e mi infila il suo tubino dalla testa, mentre io rimango imbambolato sia dal fatto che mi ha chiamato con un nome femminile, sia dal fatto che mi sta vestendo con i suoi abiti.

"Almeno queste riesci a mettertele?"

E mentre mi infilo le mutande, lei mi prende il piede sinistro e lo avvolge nell'autoreggente. Una volta in piedi, mi alza l'altra gamba e mi infila la calza anche sulla destra.

"Allora che te ne pare?"

"Mi sento un po' strano"

"Invece sei bellissima Vale"

Divento nuovamente rosso in viso, mentre lei mi prende per mano e mi porta verso il bagno: ci fermiamo davanti allo specchio, apre il cassetto in basso e prende un rossetto, apre il cappuccio e me lo avvicina alle labbra, guardando il mio riflesso sullo specchio.

"Ecco qua, per oggi il rossetto te lo metto io"

E me lo fa passare sulle labbra, che diventano rosa chiaro, poi ripone il rossetto nel cassetto, lo chiude e mi trascina in camera da letto, buttandomi di schiena sulla coperte.

Rimango immobile sdraiato di schiena, mentre lei si gira e si avvicina alla cassettiera, apre il primo cassetto, rovista alla ricerca di qualcosa , poi esclama "ah eccolo!" e con delicatezza si toglie i pantaloni e le mutande facendomi vedere i suoi glutei rotondi. Poi abbassandosi si infila una mutandina di cuoio e infine si gira.

Rimango con la bocca aperta vedendo che ha appena indossato uno strap-on e in mano ne ha uno più piccolo, si avvicina e sogghignando mi dice:

"Allora sei pronta Vale?"

"No, no, guarda, questo sinceramente è troppo!"

Faccio per rialzarmi ma lei afferrandomi il collo con la mano destra mi ributta sul letto dicendomi:

"Allora sei pronta Vale?"

"Senti, io non... ahhh"

La sua mano sinistra mi serra il pene e comincia a stringere, un dolore allucinante, il respiro che comincia a mancarmi mentre lei mi ripete

"Allora sei pronta Vale?"

"Basta, ti prego, si, sono pronta!" dico a fatica mentre qualche lacrima inizia a scendermi sul volto.

"Bene allora" e mi inserisce lo strap-on piccolo, che in realtà è un pene di silicone, in bocca, serrandolo con la cintura a cui è attaccato sulla nuca. Sarà lungo una decina di centimetri ma molto grosso di diametro, facendo si che la mia bocca rimanga allargata ma impedendomi di parlare.

"Se vuoi che mi fermo, basta che mi dici FERMATI" e successivamente parte una sua sonora risata, sapendo che con quell'arnese in bocca non riuscirò a dire niente.

Sono ancora li che provo a farfugliare qualcosa quando mi prende per i fianchi e mi tira verso di lei a bordo del letto, mi scosta le mutandine e mi spruzza un qualcosa di viscido dentro il mio buco, poi con la mano inizia a massaggiare ed ad infilare una, due e successivamente tre dita, spingendo forte.

Punto i piedi sul bordo del letto e alzo d'istinto il sedere, quando lei sfila le dita e infila il finto membro dentro di me.

"Allora sei pronta Vale?" e un primo colpo dove entra per qualche centimetro, poi uscendo lentamente mi dice "Pronta a prenderlo tutto dentro?" e un secondo colpo, dove entra più in profondità, facendomi emettere un grido di dolore soffocato in gola, e riuscendo lentamente mi dice "Pronta a godere come una donna?" e un ultimo colpo, dove mi penetra completamente, affossando le sue unghie dentro i miei glutei e tirando con tutta la forza verso di se.

Sento come se una scossa elettrica mi pervade tutto il corpo, lanciando un urlo e alzando il mio sedere verso di lei come un riflesso incondizionato. Mi sale una vampata di calore dal petto, su su fino alle guance mentre lei inizia ad andare avanti e indietro, entrando e uscendo ad un ritmo incessante e provocandomi un bruciore infernale.

Il mio pene diventa duro e si sta eccitando da morire, avvicino le mie mani e lo prendo iniziando a  masturbarmi, quanto lei mi da uno schiaffo ed urla:

"Non osare toccarlo! Stuzzicati i capezzoli invece".

Impotente, mollo la presa iniziando a toccare i miei capezzoli che iniziano ad indurirsi, mentre lei continua ad entrare e uscire dentro di me, iniziando a mugugnare di piacere. Il ritmo è incessante e le mie gambe non riescono più a sorreggermi: le lascio scivolare, mentre lei continua, fino a che, uno, due, tre urli, la fanno precipitare nell'orgasmo.

Mentre lo strap-on è dentro di me, si slaccia la mutandina di cuoio e a carponi, avvicina la sua vagina verso di me, arrivando a cinque centimetri dalla mia faccia. Slacciandomi e togliendomi lo strapon dalla bocca mi sussurra: "Ecco il tuo meritato premio, lecca pure"

E premendomela contro il viso, inizio a leccarla, sentendo i suoi mugugni di piacere; qualche minuto e lei si alza, si avvicina al mio sedere e mi sfila lo strap-on dal dietro. Emetto un breve suono con la voce e rimango immobile sul letto, con le gambe spalancate, il fiato corto e il calore che ancora divampa su tutto il mio corpo,

"Fatti una doccia e rivestiti, ci vediamo domani". Muovo la testa e la vedo andare al piano di sopra, rimango li qualche minuto a guardare il soffitto aspettando che il respiro si normalizzi.

Epilogo - un mese dopo

Suono il campanello e la porta si apre, la Cris mi appare davanti in un completo gessato blu: pantaloni e giacca, mocassini marroni e camicia bianca con una cravatta a righe gialle e rosse; avanzo di un passo e mi prende la mano, la alza fino all'altezza della sua faccia ed esclama "Unghie rosse? Stasera qualcosa di piccante quindi?" Io arrossisco dietro il fondotinta e dico un timido "SI".
L'altra mano mi accarezza il bordo delle autoreggenti e scivolando sotto la gonna mi stringe il gluteo sinistro e mi spinge a se.
"Accontentata cara" e dicendo ciò, avvicina le sue labbra rosa alle mie rosse dandomi un bacio appassionato.

 Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd -  24 maggio 2020








domenica 17 maggio 2020

MOBILIA


 Femminilizzazione forzata intro: Quando finisci per rimanere soltanto una spettatrice...

Ancora qualche minuto di lavoro ed ho finito, mi manca solo da montare l’ultimo sportello e le maniglie del mobiletto e poi ho completato il lavoro. Ci sono solo volute tre ore, ed anche se è sabato pomeriggio, queste sessanta euro mi arrotondano un po’ lo stipendio; non che ne avessi bisogno, ma il signor Rossi è una persona, diciamo importante, un medico, e un aiuto in quel campo potrebbe venire sempre utile.

“Bravo, ha già terminato? Le va un caffè?”

“Si, grazie, molto volentieri”.

Finisco di montare le maniglie e sistemo i miei attrezzi nella borsa.

“Se mi dice dov’è scopa e paletta, do una pulita!”

“Non si preoccupi, domani passa la donna delle pulizie” 

A rispondere è la signora Rossi, coetanea del marito, non dimostra cinquant’anni, anzi, non sembra neanche averne superati quaranta, capelli lunghi neri fino a metà schiena, vestitino rosso attillato che lascia intravedere le autoreggenti nere.
 
“Vada pure in bagno se vuole darsi una rinfrescata”

“Grazie!” Mi dirigo in bagno, chiudo la porta e appoggio le mani sul bordo del lavandino, due sospiri, mi è già venuto duro solo a guardarla, quel vestito attillato, quelle calze, quel rossetto rosso sulle labbra: avrà senz’altro visto che sono diventato paonazzo all’istante. Vabbè ripigliati Christian, cerca di stare tranquillo, un caffè e poi saluti.

Mi do una rinfrescata ed esco in direzione divano: mi fermo appena passata la stanza, spalanco gli occhi: il signor Rossi è seduto sulla poltrona, in mutande, con le gambe aperte e mentre la mano sinistra è appoggiata dietro la nuca, quella destra è infilata nelle mutande e si sta massaggiando il pene.

“Il caffè è pronto”

Dalla cucina esce la signora, in mano il vassoio con su tre tazzine di caffè fumanti e la zuccheriera, addosso, oltre alle autoreggenti, uno slip stringato e un reggiseno di pizzo nero che mette in bell’evidenza la sua quarta taglia.
“Si sieda, la prego!”

“Forse è un po’ a disagio, caro!”

“Se vuole può restare anche lei in mutante, ho notato che laggiù fa fatica a contenersi!”

Un attimo di esitazione, sono tentato dall’uscire da quella stanza ed andarmene, al rimanere e vedere cosa succede… ancora qualche secondo e senza pensarci, le mie mani cominciano a togliere la camicetta e la canottiera; poi è la volta delle scarpe, delle calze e dei pantaloni.

“Saggia decisione, ecco il suo caffè!”

Lo prendo e senza dire una parola lo bevo, con gli occhi bassi, quasi a vergognarmi per essere semi nudo li davanti a loro, appoggio la tazzina sul tavolo e poi mi appoggio sullo schienale della poltrona, lei si avvicina, mi appoggia una mano sulla coscia, poi sale su, vicino alle mutande, le sfiora e poi le appoggia sul mio membro eretto.

Mi volto verso di lei e la guardo, le sue labbra si aprono quasi a darmi un bacio, ma invece si avvicinano al mio orecchio e mi sussurrano: “vuoi che le mie labbra lo prendano tutto in bocca?” ed io “Si!” 
"Allora togliti le mutande e prendi in bocca il cazzo di mio marito e vedrai che ti faccio godere”.

In estasi, non ci penso due volte e mi tolgo goffamente le mutande senza alzarmi dal divano, poi mi sposto verso la poltrona appoggiando le ginocchia a terra e prendo con le mani i lembi delle mutande e le abbasso; il suo pene è lì, in tiro verso di me che mi sta chiamando, chiudo gli occhi e spalanco la bocca per assaporarlo meglio quando dopo un clic sento che si stringe qualcosa intorno al mio collo.
Qualcosa mi sta tirando all’indietro, indietreggio e sento un rumore di catena che sembra avvolgersi, guardo in alto e vedo una specie di carrucola che fa scorrere una catena, mi accorgo che sto andando contro il muro, un ultimo scatto e sono appoggiato di schiena al muro, al collare è fissata una catena che è stata fatta passare nell’anello impiantato nel muro e sono così bloccato, in punta di piedi per evitare di strozzarmi.

“Ma cosa credevi di fare signorina? Il mio cazzo te lo devi meritare”

“Uh, guarda com’è in tiro? Era proprio eccitata da morire!”

“Adesso, da brava, fatti una sega davanti a noi, che non mi piace vederti con il cazzo duro!”

Inizio a masturbarmi, mentre la signora si mette in ginocchio davanti a me, con i suoi seni che quasi sfiorano il mio membro: non ci vuole poco, il mio sperma le schizza addosso e il marito si avvicina e inizia a leccarlo ripulendo dal seno all’ombelico, poi la sua lingua sale su fino al collo e poi entra nella sua bocca, un lungo bacio appassionato, mentre il suo membro si fa strada nella vagina, iniziando a penetrarla, sempre più velocemente e sempre più a fondo, facendola gemere, di tanto in tanto staccando le labbra dalle sue per farle riprendere fiato, per poi continuare più velocemente e ancora più a fondo.

E mentre i due stavano scopando a pochi centimetri da me, io ero sempre li davanti a loro, in punta di piedi e con il cazzo ancora in mano, che continuavo a massaggiare e che provavo a far rinvenire: ad un certo punto un urlo, e poi un altro, il dottore è venuto, le sue mani stringono le natiche di lei facendola di nuovo gemere, ancora un affondo quasi per entrare tutto dentro e poi le labbra che si staccano e mentre lui inizia a baciarle dolcemente il collo, lei le sussurra “sei stato fantastico amore”.

Poi si girano verso di me e mi guardano, facendomi un sorrisetto che non riesco a capire, i loro piedi si allungano verso di me, serrandomi le caviglie e spingendo le gambe verso l’esterno; tutto il peso del mio corpo viene sostenuto dal collare e istintivamente tolgo le mani dal mio pene e le porto verso il collo, anche se non riesco a liberarlo dalla tensione.

I due mi guardano e ridono di gusto, mentre io comincio a dimenarmi ed agitarmi con il terrore di morire soffocato, poi un clak, la catena di mette in modo e pian piano mi accascio sul pavimento, in ginocchio, appoggiando le mani sul pavimento e prendendo ampie boccate di ossigeno.

“Ti sei proprio meritata un premio cara”

E allungandomi il suo piede, sbattendo le palpebre e muovendo il mento, mi invita a leccare le sue dita, smaltate di rosso. Prendo in bocca l’alluce, lo lecco, lo succhio, poi passo alle altre dita, ritornando su quello più grosso, aprendo gli occhi per fissarla qualche secondo, per poi richiuderli e continuare a leccare.

Intendo in quell’operazione, sento infilarmi qualcosa di freddo nell’ano, che me lo allarga fino a farmi emettere un grido di dolore, quando viene spinto dentro con forza: e questo punto lei allontana il piede e si alza dicendomi  “Su, in piedi” e alzandomi mi accorgo che all’estremità di quella cosa che mi ha aperto il fondoschiena, c’è collegata una piccola scopa con uno snodo.
Si avvicina a me, e sfiorandomi il membro, mi lega dietro alla schiena un grembiule nero di pizzo.
 
“Eccoti la paletta, mi raccomando, pulisci tutto che tra mezz’ora dovrai servire cena!”

Rimango li impalato per qualche secondo, mentre il dottore si avvicina, mi accarezza il fondoschiena e mi mette delle manette ai polsi serrandole davanti al mio membro, impedendomi così di toccare la scopa con le mani.

Poi mi guarda, avvicina le sue labbra alle mie, mi sussurra un “sei deliziosa cara”, ed mi infila la sua lingua in bocca.

Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd -  17 maggio 2020
 

domenica 10 maggio 2020

FURTO

Femminilizzazione forzata intro: Speriamo di non essere scoperta... speriamo...

"Si spogli la prego!"

Sono fritto (penso fra me e me), pensavo di averla fatta franca; con la scusa di provare un paio di pantaloni nel camerino, mi sono infilato quel completino intimo bianco, perizoma e reggiseno, che volevo comprare da un pezzo, ma del quale provavo vergogna ad acquistarlo passando per la cassa.

Avrei potuto trovare qualsiasi scusa, ma la voglia di provarlo prima nel camerino è stata tanta e poi non ho più avuto la forza, e la voglia di toglierlo.

Mi tolgo la felpa, scarpe e pantaloni e resto in mutande (le mie sopra quelle incriminate) e camicetta, i due della security controllano tasche e doppifondi, ma niente.

"E allora?" Il responsabile capo, il signor Verdi, si rivolge ai due con aria di sfida, del tipo:"che figuraccia stiamo facendo!".

Con fare sconsolato, uno dei due mi guarda e mi dice "ci scusi", dandomi una pacca sulla schiena; brivido di freddo, l'ho sentito, l'avrà sentito...

"Aspetta un attimo", e la sua mano mi scorre dal collo, sempre più in giù fino a trovare la clip del reggiseno.

"E questo cos'è? Si togli anche la maglietta!"

"Non mi sembra il caso Giovanni" dice il responsabile.

"Toglila o lo faccio io".

Chiudo gli occhi e la tolgo, getto la maglietta per terra, sono rosso in viso, mentre il responsabile sbianca.

"Anche le mutande prego" dice Giovanni, mentre il responsabile, prendendo il telefono dice: "vieni subito, questa la devi vedere".

Rimango li in piedi immobile, con lo sguardo attonito dei tre, fino a che entra la commessa del negozio di intimo che esclama: "oh santo cielo".

Mi gira attorno e poi si mette a ridere "Mi è venuta in mente un'idea!" E parlando all'orecchio
col responsabile che annuisce, prende in mano pennarello nero e inizia a scrivere qualcosa su un cartello.

Mi bisbiglia all'orecchio: "Senti caro, le cose stanno così: o accetti la nostra proposta, o chiamiamo i carabinieri, che ti portano in caserma così vestito, decidi tu". Io annuisco.

Mi appoggia il cartello davanti, coprendo il perizoma e fissandolo con dello spago facendo un nodo dietro alla schiena e poi, dopo avermi tolto le calze, mi porta nel reparto dove è esposto l'intimo facendomi salire su un piedistallo di mezzo metro.

"Fino a stasera starai qui ok?"

Non dico niente, muovo solo il capo in cesso di assenso, dallo specchio a sei metri da me leggo la scritta "INIMOU REP EHCNA" mentre lo speaker annuncia: "venite nel reparto intimo a vedere la nuova lingerie indossata dalla nostra modella".

Una massa di curiosi si avvicina verso di me...

 Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd -  09 maggio 2020

domenica 3 maggio 2020

Sister

Femminilizzazione forzata intro: C'è complicità tra fratello e sorella... ma tra sorella e sorella?

personaggi (colore dialoghi)
INES  -  MARIA  -  SARA
MIKI  -  MASSIMO  -  ERIK  -  GENITORI

Gomito sul tavolo e mano sulla fronte, sono qui da mezz’ora che sto tentando di concentrarmi ma niente da fare, quella stupida di Ines, la mia sorella, è di la con le sue amiche che continuano a parlare ad alta voce, cantare, ridere, ascoltare musica.

Non ce la faccio più, mi alzo e vado verso la sua camera, busso forte tre volte, la porta si apre ed appare Maria, camicetta nera aperta sul davanti che lascia intravedere i seni, una terza abbondante.




Aspettandomi mia sorella, rimango senza parole a fissarla fino a quando lei mi dice “Oh, Ciccio, sono qui”.

Alzando la testa incespico sulle parole e balbetto un “Eh, no scusa, ma non potete fare meno baccano che sto studiando?”

“Ines, tuo fratellino qui vuole che facciamo meno baccano, sta studiando! Cosa gli rispondo?”

“Digli che tra dieci minuti abbiamo finito e dopo andiamo a dargli una mano”.

“Hai sentito ciccio? Smamma!” E mi chiude la porta in faccia.

Rimango li per qualche secondo, in misto di imbarazzo e di eccitazione, avendo sedici anni comincio ad avere i primi pensieri sexy sulle amiche di mia sorella, che hanno circa quattro anni più di me. Mi giro e mi incammino verso la mia camera, con la rabbia che mi sale per quel “ciccio”, che mi fa pensare a come mi stanno considerando, cioè un ragazzino, o peggio un bambino da trattare col biberon.

Mi risiedo e continuo nella mia lettura, mentre per fortuna di la hanno smesso di gridare, forse hanno capito che stavano un po’ esagerando o forse stanno soltanto parlando di cose loro o di segreti, valle a capire le donne.

Sono immerso nella mia lettura che quasi non mi accorgo che mia sorella mi mette una mano sulla schiena: faccio un balzo sulla schiena e mi volto di scatto. Sono li tutte e tre che mi guardano stupite e poi si mettono a ridere.

“Mi hai fatto prendere un colpo Ines”.

“Scusa Miki, e scusa per il baccano di prima, siamo venute qui per aiutarti un po’”.

“Ma aiutarmi per che cosa? Devo leggere queste tre pagine e impararle quasi a memoria, che domani ho l’interrogazione e se prendo un altro cinque, poi mi toccano i corsi di recupero”.

“Stai tranquillo, che ci pensiamo noi a te” mi dice Sara con la sua voce sensuale , prendendomi la mano: fisso la sua mano e poi alzo lo sguardo, i capelli biondi che le cadono sulle spalle, il suo sorriso sbarazzino che sembra sempre ammiccarmi qualcosa.

Mi porta a sedere sul centro del letto e si siede sulla destra, mentre Maria alla mia sinistra e mi stringe la mano intorno alla vita. Divento paonazzo in viso e non sto capendo quello che mi sta accadendo, mentre Sara con l’altra mano inizia a massaggiarmi l’inguine salendo sempre più su fino ad incontrare il mio pene, duro come non mai nascosto dietro la tuta.




Poi le due amiche di Ines avvicinano le loro facce alle mie guance e cominciano a baciarmi, ora scendendo sul collo, ora salendo verso l’orecchio fino a mordicchiarlo, mentre le loro mani libere si infilano dentro i pantaloni della tuta e sotto le mutande, iniziando a giocare col mio pene sempre più duro.

Io comincio, oltre a diventare rosso, ad aprire la bocca ed ansimare, mentre mio sorella è sull’uscio della porta che sta riprendendo tutto con il telefonino.

“Ma cosa state facendo?” Riesco a dire debolmente, mentre le loro mani di muovono così velocemente che non riesco più a resistere e lanciando un gridolino, vengo.

In preda all’imbarazzo della situazione, non riesco a reagire quando le due mi alzano, mi calano i pantaloni e Maria dice ad Ines “ma in quanto tempo è venuto?” “Una quindicina di secondi” risponde lei.

“Miki hai fatto il nuovo record, vorresti imparare a resistere un po’ di più?”

Ancora frastornato dalla situazione dico un “cosa?”.

“Resistere un po’ di più, basta sfiorarti e vieni, poi se fai così con la tua Martina, lei si mette a ridere”.
In un decimo di secondo divento bordeaux, come fanno a sapere di Martina, ci ho scambiato solo poche timide parola ed ho più fantasticato che agito.

“Dai, cerchiamo di guarirti!” e spingendomi sul letto, mi tolgono scarpe, calze, mutande e tuta, poi mentre sono sdraiato sul letto con su solo la maglietta, loro si tolgono gli abiti e rimangono li davanti in lingerie.

Rimango sdraiato a bocca aperta, ancora più paralizzato mentre si slacciano i reggiseni e si tirano giù le mutandine. Non avevo visto due corpi nudi così da vicino, e non capivo come poteva accadere tutto questo a me. Mi alzano e mi fanno togliere maglietta e canottiera, poi si siedono ancora al mio fianco e mi dicono: “ehi ma il tuo amichetto qui non dice niente?”

In effetti il mio pene che fino a poco tempo prima era duro come il marmo, ora se ne stava afflosciato su un lato e non voleva sapere di risvegliarsi.

“Guarda Ines, ma che fratello hai?”

“Più che tuo fratello, sembra tua sorella!”.

“Non me lo vedo in mutandine o reggiseno”.

“Beh, possiamo sempre provarci” e raccogliendo da terra l’intimo di Sara, Maria inizia ad infilarmi le mutandine fino alle cosce, mentre Sara mi infila dalle braccia il reggiseno e lo allaccia dietro la schiena.

“Sembra sempre mio fratello, con l’intimo di Sara”.

“Hai ragione, aspetta un attimo che vado e torno”. Mentre Sara mi alza dal letto e mi tira su le mutandine, spingendomi il pene all’indietro, Maria esce dalla camera e torna dopo una ventina di secondi con una valigetta che appoggia sul letto e apre. Tira fuori un rossetto rosso e me lo avvicina sulle labbra. Io sposto il viso su un lato dicendo “No, non voglio”, ma Sara prendendomi la mano, me la appoggia sul mio seno dicendomi “senti come sono morbide”.

Ancora una volta rimango immobile, le mie mani che iniziano a stringere delicatamente il seno di Sara, mentre Maria mi passa il rossetto sulle labbra.

“mmm, quasi, così cosi”.

Il mio pollice sfiora il suo capezzolo in erezione, lo sento duro, si sta eccitando lo sento, continuo nel massaggio mentre Maria inizia a mettermi l’ombretto sulla palpebre, prima sull’occhio sinistro e poi sul destro.

“ci siamo quasi".

Lo accarezzo delicatamente e poi mi sposto sull’altro seno, sul capezzolo, lo prendo tra le dita e lo faccio roteare leggermente; Maria mi applica l’eyeliner sopra le ciglia e poi è la volta del mascara.

“uhu, risultato sorprendente”.

“Aspetta il tocco finale, eh voilà!”

Una parrucca bionda mi ricade sulla testa coprendomi parzialmente l’occhio destro.

“Ma dobbiamo vestirla sennò prende freddo”.

Mi fanno ricadere sul letto, la mia mano si stacca dal seno di Sara, la fisso per un istante e poi abbassando lo sguardo cedo che mi stanno infilando un paio di autoreggenti neri e una gonna jeans. Mi rialzano di nuovo e mi fanno indossare una camicetta di cotone bianca, con le maniche che mi arrivano a metà avambraccio e chiusa sul davanti con tre bottoni che fanno vedere parzialmente l’ombelico.

“E brava la mia sorellina Michela, sei proprio carina sai?”

La guardo stupita mentre lei, continuando a registrarmi col cellulare, mi fa il segno del pollice in su e mi strizza l’occhiolino.

“Ecco, indossa queste” e mi infilano un paio di scarpe col tacco, alte, non so quanto e mi invitano a camminare per la stanza.

“Sai cosa manca? Un po’ di femminilità e di rilassatezza!”

“Ci penso io” E tira fuori un aggeggio dalla borsetta, che ha la forma di un picche.

“Abbassati così, su brava” e con le gambe dritte mi abbassa la schiena, mi alza un poco la gonna jeans elasticizzata, sposta le mutande e mi infila quel coso in mezzo alle natiche.

Spinge e lo sento entrare, spinge e inizia a farmi male, emetto un urlo ma lei infila ancora di più.

“Ahia, basta, fa male".

Nessuna parola, un ultimo colpo e entra tutto. Mi riposiziona le mutande e mi abbassa la gonna.

“Prova a camminare ora?”

Eseguo e inizio a camminare un po’ impacciato, qualche giro, mentre mia sorella mi dice “ma sei uno schianto Michela” e le sue amiche applaudono.

“Un ultimo tocco e usciamo su!” e Maria si avvicina mettendomi una collana di perle e due orecchini a clips, poi mi prende per la mano, ma io, bloccata sui due piedi dico “no! Non voglio uscire”.

Sento vibrare tutto, dal di dietro, iniziano a tremarmi le gambe e apro la bocca emettendo un gemito.

“Tu prova a dire ancora una volta no e te lo aziono quando siamo in mezzo a tutta la gente”.

La vibrazione aumenta di intensità ed inizio a piegare le ginocchia. “D’accordo? Si, o no?”

“Si, si, ti prego, però ora fermalo”.

Pigia il tasto sul telecomando e la vibrazione termina. Ansimo un attimo, riprendo fiato e mi ricompongo.

“Sei pronta? Andiamo Michela?”

“Si!”

Usciamo tutte e quattro dalla stanza, scendiamo le scale e passiamo la sala dove ci sono i nostri genitori seduti sul divano intenti a guardare un film.

“Noi usciamo!”

“Ok, non fate tardi!”

Per un attimo mi si gela il sangue, ma per fortuna non si accorgono che siamo in quattro e non si accorgono di me. Usciamo dalla casa e chiudiamo la porta, ci incamminiamo sul marciapiede per un centinaio di metri fino ad arrivare al parcheggio del parchetto, dove intravedo il ragazzo di Ines, in piedi davanti alla macchina con la portiera aperta.

“Ce ne avete messo tanto per arrivare!”

“Lo sai che siamo donne, no Massimo?”

“Dai che siamo in ritardo, il viaggio in macchina dura già quasi un’ora e se poi al club entriamo dopo le 21 ci tocca pure fare la coda”.

“Dove saliamo?”

“Beh, Maria e Sara sulla Golf con Gianni e Christian, mentre tu e la tua amica con me e Erik… scusa ma chi è la tua nuova amica?”

“Massi, ma non lo vedi che è mio fratello Miki?”

“Uh… ma dai? Spettacolo… una gnocca da paura, quasi non lo riconoscevo. Dai allora siete perdonate per il ritardo”.

“Dai, salta su!” e strizzando l’occhio, mi apre lo sportello sul retro e mi fa salire.

Mi siedo, imbarazzatissimo, mentre Erik mi guarda e mi dice: “notevole, davvero notevole”. Divento ancora più rossa ma col calare della sera e la poca luce dell’abitacolo non si nota.

“Va che è il fratello di Ines, trattala con i guanti, anzi, scioglila un po’ che mi sembra tutta ingessata”.

“Ok, tranquillo, di me ti puoi fidare” e rivolgendomi a me mi sussurra “di me ti puoi fidare”.

Rimango immobile quando il suo braccio sinistro mi cinge il fianco e mi tira verso di se, quando la mano destra mi sfiora la guancia, quando le sue labbra si uniscono alle mie, quando la sua lingua viene a contatto con la mia. La mia mano sinistra, non so come, mi scivola su per la coscia e va a posarsi sui suoi pantaloni, alla ricerca del suo membro, lo sento duro, che pulsa, cerco la zip e delicatamente la abbasso, sempre con la sua lingua che si intreccia con la mia; mi assalgono vampate di calore mentre la mia mano affonda tra le sue mutande e lo prende per mano, mentre Erik staccia la cintura e fa saltare il bottone dei pantaloni.

Poi le sue labbra si staccano dalle mie, mi guarda, io chiudo gli occhi ed inizio ad abbassarmi verso di lui, lo trovo con la punta della lingua, poi lentamente le mie labbra scivolano sempre più giù…

 Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd -  30 aprile 2020