Giornata pensante al lavoro, quasi
eterna! Arrivo a casa stanco, dopo le 20.00 e appena fatta la doccia non ho
proprio voglia di prepararmi qualcosa da mangiare. Sono indeciso tra fermarmi
al Mac a prendere due hamburger al volo e tornarmene a casa o andare a quel
nuovo locale appena aperto, forse già da un mese, a mangiarmi un panino con una
birra.
Ci penso un attimo mentre il phon mi
asciuga i capelli e poi opto per qualche ora all’aperto; mi vesto, salgo in
macchina e dopo dieci minuti apro la porta del locale.
Una ragazza carina mi indica un posto
nell’angolo destro del locale, mi siedo sulla panca di destra, davanti al
tavolino nell’angolo; la panca occupa tutta la parete, mentre ci sono davanti
quattro tavolini. Guardo il menù e ordino un mega panino con bresaola, rucola e
grana, accompagnato da una birra rossa media.
Il locale è semi-deserto, ci sono
persone un po’ sparse ovunque tranne per la panca dove sono seduto io. Poco
dopo si siede vicino a me una ragazza, mentre sto sorseggiando la birra e
guardando distrattamente il cellulare, sento che ordina il solito alla
cameriera, e dunque dovrebbe essere una cliente abituale; metto il blocca
schermo al cellulare, lo infilo nella tasca e i miei occhi posano lo sguardo
sulle sue gambe, velate dentro nei collant color fumo, la gonna corta che viene
aggiustata con la mano e i piedi, infilati in dei tacchi alti color nero
lucido.
Sto li a guardare quello spettacolo
senza accorgermi che mi sta guardando stupita, vedo che allunga la sua mano
destra e la appoggia sulla mia coscia sinistra iniziandola a massaggiare.
Normalmente avrei preso la mano e l’avrei allontanata repentinamente, ma quella
sera, vuoi la stanchezza, vuoi non so che cosa, ho iniziato a fissare quelle
unghie rosse che avanzavano verso il mio inguine e si avvicinavano al mio
membro che stava andando in erezione.
“Ecco il tuo panino Roby”
La voce della cameriera mi fa alzare
lo sguardo e distrarre un attimo, mentre lei ritrae la mano e con la stessa
prende il boccale di birra sorseggiando un po’ del suo contenuto.
Non so come, ma ora è la mia mano
sinistra che si avvicina a lei, che parte da appena sopra il ginocchio, che
scivola sul liscio delle calze fino ad arrivare al bordo della gonna; mentre il
calore avvampa sul mio volto, il pollice alza il bordo della gonna e inizia ad
infilarsi sotto, sentendo il bordo delle autoreggenti, continua fino a sentire
la pelle liscia, continua fino a toccare il pizzo delle mutandine. La mia mano
sta esplorando e si sta dirigendo verso il centro quando lei appoggia la sua
mano sopra la mia, sussurrandomi un “non è che adesso ti spaventi?”
Il mio sguardo si alza fino a
raggiungere il suo viso sorridente, la sua mano destra si infila sotto la
gonna, mi afferra il posto e lo spinge verso il mezzo delle sue gambe, mentre
avvicinandomi le sue labbra alle mie, con l’altra mano inizia a massaggiarmelo
sussurrandomi: “spero non sarai sorpresa!”
Dallo stupore all’imbarazzo passa
meno di un secondo, la mia mano tocca qualcosa dietro le mutandine, ma non è quello
che mi sarei aspettato.
“Scusa, io, non mi immaginavo che”
“Non devi scusarti caro, ma dimmi la
verità: ti sei eccitato vero?”
“Beh, in effetti si!”
Ci lasciamo andare ad una sonora risata
mentre le nostre mani si ritraggono, iniziamo a parlare del più e del meno e
finita la birra, facciamo un altro giro, con una piccola e poi un altro ancora.
Non so se ero un po’ alticcio, se ero
stanco o non so cosa, ma mi ha convinto a partecipare ad una serata un po’
particolare che si sarebbe svolta la settimana prossima, il martedì sera. Mi ha
dato l’appuntamento da lei alle ore 20 e non mento se dico che per i restanti
sei giorni non ho pensato ad altro.
Finalmente arriva il martedì e
puntuale suono al suo campanello. Mi apre, la guardo da cima ai piedi, avvolta
in un tubino rosso che parte dal collo per arrivare appena sopra il ginocchio,
seni abbondanti, calze a rete, scarpe nere con tacco.
“Allora sei pronto per divertirti? Un’oretta
e saremo pronti”
“S-Si!”
Con cuore in gola, deglutisco e mi
faccio prendere per mano: lei mi porta nella stanza da letto e con l’altra mano,
facendo una specie di riverenza mi dice “avrei pensato a questo per te stasera”.
Sul letto un abito bianco, con le
spalline e con un ampio spacco, a fianco perizoma e reggiseno di pizzo bianco,
più a lato delle calze nere e un paio di scarpe col tacco aperte sul davanti.
“Rimani in mutande e siediti qui”.
Eseguo, sono molto eccitato e non
cerco di nasconderlo, mentre lei prende una boccetta di smalto ed inizia ad
applicarmelo sulle unghie dei piedi. Io rimango li imbambolato a fissarla,
mentre terminato, passa alle mani.
“Poi hai scelto il nome che vorresti
avere stasera?”
“Va-Valentina”
Rispondo, mentre le mie guance si
fanno di un rosso intenso per la vergogna.
“Vale, tranquilla, rilassati che poi
vedrai che ti diverti”
Dicendo ciò inizia a truccarmi il
viso ed una volta finito, mi aiuta a mettere su il reggiseno e le calze ed una
volta tolte le mutande, il perizoma.
“Entra qua, così, brava”
Il vestito bianco mi sale sui fianchi
e mi avvolge, mi aiuta a infilare le spalline, allaccia la cerniera sul retro e
dice “Ora il tocco finale”.
Prende una parrucca appesa ad un
manichino e me la mette sui capelli, la aggiusta, la pettina un poco e poi
mettendomi la mano sul mento, mi spinge il viso in direzione dello specchio e
mi chiede “Che cosa te che pare?”
Spalando la bocca e davanti allo
specchio trovo una ragazza che la spalanca a sua volta, e che rimane li
imbambolata; sposto la mano fino a sfiorare la guancia e mi riguardo dal basso
verso l’alto dicendo ad alta voce “Wow, come sei bella Valentina”.
Mi ci vuole un po’ per metabolizzare l’accaduto che quasi non
mi accorgo di essere uscita di casa, essere salita in macchina ed essere già
arrivata al locale. Entrando altre ragazze salutano la Roby che dispensa baci a
tutte, e nel farlo, mi presenta a loro. Io sono un po’ spaesata, anzi,
frastornata da tutti quei complimenti, quei baci e quelle frasi carine.
La serata trascorre piacevolmente, mi trascinano pure a
ballare qualche canzone sulla pista, beviamo qualche aperitivi, forse un po’
troppi, e quando siamo vicini a mezzanotte mi devo assentare per qualche minuto
per andare in bagno.
Al mio ritorno, il tavolo dove eravamo seduto è pressoché deserto,
tranne che per le borse e le giacche lasciate sulle poltroncine a lato. Chiedo
alla cameriera che sta ripulendo con una spugna il tavolo e gentilmente mi
risponde:
“Lei è la signorina Vale giusto? La Roby la sta aspettando di
la, alla saletta 105”
Aggrotto un po’ le sopracciglia e mi dirigo nella direzione
che mi ha indicato la cameriera, spingo la porta, ed entrando trovo la Roby e
la sua amica Desy che mi aspettano appoggiate sopra ad un divano di pelle nera.
“Ti stavamo aspettando, vieni qui” e mi invitano a sedere tra
di loro. Io mi siedo tra quelle gambe avvolte con le calze a rete, quando loro
si alzano e si tolgono i vestiti, restando in reggiseno e mutandine.
La Roby si dirige verso un tavolino a lato della stanza, apre
un cassetto e ne estrae una piccola frusta, poi avvicinandosi a me, mi sussurra
all’orecchio: “Tienila e saresti così gentile da frustarci?”
Io rimango ancora con la bocca spalancata per qualche
secondo, poi riprendendo fiato gli dico “Scusatemi, ma non ci riesco!”
“Dai Vale, hai paura di farci male?”
“No, non è per quello, scusatemi, ma non ci riesco proprio”.
“Non ti preoccupare, forse per la prossima volta”.
Spingendomi sul retro dello schienale del divano
“Farai a noi”
Mentre la Desy mi prende la testa e me la preme su una fila
di cuscini posti sul divano.
“Quello che adesso”
E con la mano sinistra la Roby mi alza il vestito scoprendomi
le natiche
“Faro io a te”
Un attimo, sento uno schiocco e poi un dolore lancinante al
fondo schiena; i miei urli sono attutiti dai cuscini premuti sulla mia bocca,
mentre la Roby continua a colpirmi con la frusta.
Perdo il conto, sento solo lo schiocco che continua
incessante, dieci, venti, sento bruciare dappertutto, trenta quaranta, le mie
urla diventano dei mugugni sommessi, cinquanta, comincio a singhiozzare e poi
le lacrime iniziano a rigarmi il volto.
Per oggi basta, mi rimettono in piedi, mi riaggiustano il
vestito e come se niente fosse, la Roby mi prende la mano e mi accompagna fuori
verso il tavolo dove avevamo trascorso la serata.
Qui ci sono tutte le altre otto amiche, mi guardano per
qualche secondo, ma poi fanno finta che non sia li tra loro; sono ancora li che
singhiozzo, con le lacrime che mi hanno rigato il volto, quando la Roby mi
mette la mano sul fondo schiena, mi tira a se e dandomi un bacio sulla guancia,
dice “benvenuta sorellina”.
Tutte le sorelline applaudono e le mie lacrime diventano un
misto di dolore e gioia; la Roby si alza, mi allunga la mano e salutando le
altre dice “noi andiamo, la serata è ancora lunga”.
Io la guardo stupida, per la terza volta della serata con la
bocca spalancata, lei mi strizza l’occhio e mi trascina fuori dal locale…
Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd - 30 maggio 2020
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