FEMINIZED STORIE vol.2

FEMINIZED STORIES vol.2

Ed eccolo qui! Il nuovo libro della Vale. - (clicca sulla scritta sopra per leggere l'articolo) - Ancora una raccolta di racconti sulla ...

mercoledì 26 agosto 2020

Schiava

Femminilizzazione forzata intro: ...sola, legata nella camera dell'albergo, aspettando chi viene a salvarmi...

Ad un tratto tira fuori delle polsiere ed una corda:

“Uh, vuoi fare qualcosa di perverso?”
“Questo ti ecciterebbe?!
“Oh si, tanto tesoro”.


Allungo le mani verso di lei che con delicatezza mi fissa la polsiere e le cavigliere.

“Promettimi che non mi farai troppo male?”
“No, tranquilla, non sentirai quasi nulla”


Mi fa mettere in ginocchio, con le mani dietro la schiena, poi prende una delle due corde, quella più corta e fa un nodo all’anello della caviglia destra, la fa passare dentro gli altri tre anelli e poi la lega allo spezzone di corsa principale, faccio per muovermi ma sono proprio bloccata, alzo lo sguardo a destra verso di lei, sorrido e lei ricambia lo sguardo: la sua mano scorre sui miei collant, va sotto la minigonna e sfiora delicatamente il mio membro che sta diventando duro sotto le mutandine. Io chiudo gli occhi ed emetto un gemito di piacere, mentre l’altra sua mano sale dal fianco fino a fermarsi all’altezza dei miei capezzoli.

“Continua ti prego”
“Mi dispiace ma devo andare”
“Come devi anda…”


Non faccio tempo a dire altro che mi mette in bocca una gag-ball, serrando il laccetto sulla nuca. Mentre io farfuglio qualcosa di incomprensibile aggancia al laccetto un moschettone con una corda molto corta che blocca sul tubo del calorifero di fianco a me, impedendomi così sia di scappare, sia di alzarmi.

Senza guardarmi, senza un saluto, senza un bacio, si incammina verso la porta lasciandomi sola li in ginocchio, con la luce del sole che inizia ad infiltrasi tra le tapparelle abbassate; un clic, con la porta che si apre e poi si richiude velocemente: sono sola, legata, non so per quanto, mi chiedo quando tornerà e se tornerà.

Attendo, un’ora o forse più, mentre la luce del sole ora è più forte e rischiara la stanza più nitidamente. Ogni tanto cerco di muovermi, di allentare la tensione dalle braccia e alle ginocchia, deglutisco per evitare che mi si secchi la gola, mentre sento un rumore di passi che si avvicina.

Si apre la porta ed entra una cameriera; io inizio disperatamente ad emettere dei mugugni per dirle di liberarmi, mentre lei, guardandomi compiaciuta mi dice “scusi se l’ho disturbata, cinque minuti e finisco”.

La guardo mentre, col suo carrello, si dirige verso il bagno, mentre pulisce, mentre sistema le lenzuola del letto, poi si dirige verso di me, mi guarda ancora con quella faccia un po’ stupita e si inginocchia davanti a me.

Io la guardo ed emetto ancora dei piagnucolii sperando che lei mi possa capire, lei posa le sue mani sul viso e con i pollici mi asciuga le lacrime che ho sotto gli occhi e con tutta tranquillità mi dice “ti è caduta questa”.

Io la guardo stupita mentre lei prende dal suo grembiule una mascherina per gli occhi di cuoio e me la mette davanti al viso stringendola forte con un laccetto sulla nuca: io mi divincolo ma riesco solo a sentire il rumore delle ruote del carrello che escono dalla porta della stanza ed ancora una volta il clic della serratura.

Le ore passano interminabili, cerco di trovare una posizione comoda, ma il dolore a volte diventa quasi insopportabile, spero che qualcuno arrivi, ogni tanto mi viene da piangere, ogni tanto cado in brevi e tormentati sogni e poi mi risveglio, tutta sudata e ansimante.
 
Poi un rumore, ancora un rumore della serratura mi fa ridestare: sono accasciata di un lato, attaccata al calorifero, rumore di passi e poi due voci distinte.

“Ecco il regalino che ci avevano promesso” dice una voce femminile.
"Vediamo cosa c’è qui sotto” continua quella maschile.

Sento una mano che accarezza dolcemente le mie gambe e si infila di nuovo sotto la minigonna arrivando a toccarmi il pene, che questa volta rimane inerme.

“Ma qui abbiamo usa signorina” 
“Vediamo se si comporta bene”

Mi tolgono il boccaglio e le corde che mi legano mani e piedi, portando le braccia davanti mi massaggio i polsi e poi istintivamente le porto al viso per togliermi la mascherina.
 
“No, cara, la potrai togliere se farai la brava”
“Ok” dico io con una voce rauca, portandomi la mano a massaggiare la gola.

Mi fanno alzare, faccio fatica a rimanere in piedi, più di dieci ore senza la possibilità di muovere le ginocchia si fanno sentire; mi allargano le gambe e poi sento entrare qualcosa nel mio fondoschiena: non riesce ad entrare, fa male ed emetto un urlo, poi sento che mi penetra nell’ano un dito con una sostanza oleosa, entra ed esce più volte, poi ancora quell’oggetto grosso.

Qualcuno mi prende le spalle dal davanti e me le abbassa in modo che formo un angolo retto tra gambe e busto, mi stringe la testa tra le mani e sento qualcosa che mi si appoggia sulle labbra.

Ho già capito che cos’è e cerco di fare resistenza, ma un colpo violento da dietro mi fa aprire la bocca per lanciare un urlo che viene soffocato dal pene che riempie la mia cavità orale.

Non riesco a resistere anche perché le mani mi spingono la faccia contro il suo pube, mentre da dietro, altre mani mi cingono i fianchi spingendo e facendo penetrare lo strap-on sempre più in profondità.

Dieci minuti interminabili o forse di più dove sono pervasa da sensazioni indescrivibili, con l’eccitazione e il dolore che si compensano tra di loro, fino a che tutto termina, senza il regalo da parte del maschio, e con io che cado sulle ginocchia, appoggiando le mani a terra e ansimando, esausta, sempre col volto coperto dalla mascherina.

Devo ancora riprendermi quanto la donna dice “su, svelta che dobbiamo uscire”; mi rialzo a fatica e mi tiro giù la gonna, mentre mi prendono per il braccio e mi trascinano fuori dalla porta che comunica col parcheggio dell’hotel; si apre la portiera e dentro in macchina, di fianco a lei che mi mette un braccio intorno al collo, mentre l’altra mano mi massaggia il pene.

La macchina percorre penso un cinque minuti di strada e poi si ferma bruscamente, si apre la portiera e si richiude, mentre lei continuando coi massaggi, mi ha portato il membro all’erezione. Poi una voce, “uscite pure”, vengo fatta uscire e ci incamminiamo per una decina di metri: ci fermiamo, mi lasciano le braccia e poi, rumore di passi, le portiere che si richiudono e la macchina che riparte.

Io rimango li immobile, con il cuore che sta battendo all’impazzata, mentre sento davanti a me un respiro, di qualcuno che si sta avvicinando lentamente. Una mano si posa sul mio fianco e mi spinge verso di lui, il mio membro in erezione tocca il suo corpo, lui lo sente e togliendomi la mascherina dagli occhi mi dice con voce calda e sensuale “allora sei felice di vedermi”.

Io lo guardo, occhi azzurri, capelli brizzolati, alto come me ma senza tacchi, apro leggermente la bocca per dirgli qualcosa ma non riesco a parlare, come se fossi paralizzata.

“Sei stupenda, mi farai fare un sacco di soldi”

Il mio sguardo di stupore si trasforma in uno sguardo di terrore mentre lui alza le labbra in un sorriso sinistro: cerco di liberarmi, ma lui mi afferra l’altro braccio e mi stringe più forte a se sussurrandomi “sei mia”.

Le sue labbra incontrano le mie, la sua lingua penetra nella mia bocca, non riesco a resistere, mi sento paralizzata, sola, indifesa, non riesco a resistere e mi lascio andare alle sue voglie, mentre le sue mani mi stringono sempre di più, mentre sento il suo membro che preme sul mio ventre, mentre sento più che mai di essere sua.

Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd - 26 agosto 2020

domenica 16 agosto 2020

Sogno 2020-08-13

Morfeoland, 13 agosto 2020

Son felice di pubblicare un racconto un po' diverso dai miei, il perché? Perché si tratta di un sogno della mia amica Lelly, che ha avuto il piacere di condividerlo con me e con voi.

Ora non mi ricordo molto del sogno che ho fatto stanotte, ma rammento che mi son trovata davanti ad un locale gay e non volevo entrare ma poi, probabilmente facendo leva sulla mia resistenza, mi ci son trovato dentro e mi piaceva: mi piaceva anche se non mi considerava anima viva, ma a me quella atmosfera mi rilassava.

Poi inquadratura (come fosse stato un film) sul barista che con un cenno della testa segnala me a qualcuno in mezzo al locale: io che vado un po' in ansia e voglio uscire e cerco di pagare la consumazione ma, mi cade tutto e...

A darmi una mano a rialzarmi c'è un gran bel pezzo di macho che, OH NO, aiuto! Fatemi pagare che me ne vado; invece no, resto perché sono tutti gentili qui, no vado che altrimenti chissà cosa mi metto a fare.

Alla fine però resto perché l'uomo con la camicia di Jeans che mette in risalto la grossezza delle spalle, mi dice di rilassarmi e indicandomi di stare in silenzio, mi sfila le scarpe e le calze e inizia a massaggiarmi i piedi e mi chiede se mi piace; io rispondo col solo movimento del viso perché il rossore e l'imbarazzo mi hanno bloccato tutto.

Sento la sua lingua tra le mie dita e mi eccito tutto soprattutto quando la sua mano raggiunge il mio pube, sopra i pantaloni; ma sento un brivido e quindi la raggiungo con la mia mano per spostarla ma per qualche secondo devo tenerla lì e con la mia mano premo la sua sul mio pacco e lui se ne accorge perché mi sorride. Cerco di fargli capire che non mi interessa andare oltre perché non sono frocio: ah si, questa è proprio bella!

Beh, non sono frocissimo (raccontala a qualcun altro), beh insomma, sarò pure frocio ma non mi piace… ma invece mi piace tantissimo, però devo fare la scelta giusta e divincolandomi mi accorgo che tutti i presenti guardavano noi e io sprofondo di vergogna nel dubbio che tutti avessero visto che mi è piaciuto anche se ho cercato di fare di tutto per mostrare che non era così.

Cerco di convincermi che la mia mascolinità, la mia virilità e la mia eterosessualità non sono stati messi in discussione ma, nonostante sia uscito dal locale, i miei piedi nudi mi ricordano, ad ogni passo, che quando me li leccava quel maschio io godevo come una vacca e mi sono emozionata come non vorrei...

E poi mi sveglio e i miei mille dubbi che dubbi non sono (ma diciamo, il doveroso mantenimento della mia immagine) tornano a farmi compagnia ancora più assiduamente di prima.


domenica 9 agosto 2020

NON HO SOLDI

 Femminilizzazione forzata intro: ...quando il pagamento arriva in maniera inaspettata...

Ho appena finito il lavoro dalla signora Giovanna, sistemato pc e stampante; lei è di la in cucina che sta preparando l’arrosto per la cena: sono le 15 e la cena è prevista all’arrivo del marito, verso le 19.

La chiamo “signora Giovanna”… “Arrivo…” due minuti dopo ed entra nello studio, indossa il camice bianco, un po’ sporco di sugo, mi guarda e le spiego il problema, annuisce e mi chiede il conto.

Sono quaranta euro. Va di là e poi ritorna: “ho solo questo” e mi mostra un biglietto da 200 euro. “Mi spiace non ho il resto, facciamo che lo segno e la prossima volta che ha bisogno faccio il conto totale”.

Non mi sembra corretto” insiste lei “forse potrei ripagarla in un altro modo” e si slaccia il grembiule, lo fa cadere lungo le spalle e fa scoprire il suo completino intimo, fissandomi dritto negli occhi.

Io rimando impietrito fissando i suoi occhi verdi smeraldo, mentre le sue mani mi slacciano i bottoni della camicia e me la toglie lasciandomi bloccate le mani; non faccio quasi in tempo a divincolarmi che, lesta, mi slaccia la cintura e i bottoni dei pantaloni e me li fa cadere alle caviglie e con un tocco della sua mano sulla spalla mi fa cadere sul divano dietro di me.

Cado di schiena ed ancora in una maniera così rapida che mi lascia esterrefatto, mi toglie con un sol gesto le scarpe e mi sfila i pantaloni; ho ancora le mani bloccate dalla camicia che anche le mutande vengono tolte lasciando il mio membro in erezione proprio a due palmi dal suo viso.

Le sue labbra rosse, una risatina sommessa ed io divento paonazzo come un peperone: “certo che fa proprio freddo qui, tutto qui?” ed una fragorosa risata che mi fa diventare ancora più rosso e produce l’effetto che il mio membro, prima in una fragorosa erezione, si afflosci come distrutto da una lunga battaglia.

Ok girati” e voltandomi con un rapido gesto, mi toglie la camicia e mi sfila la canottiera, mentre io rimango quasi inerme, ancora scosso da quell’umiliazione inaspettata.

Su dai, non ti sarai mica offeso?” e con un massaggio che parte dalle natiche per arrivare fino alle spalle, mi gira e piazza il suo seno, avvolto in un reggiseno di pizzo nero a due centimetri dalla faccia. Rosso questa volta per l’emozione quando una voce sommessa annuncia “cazzo mio marito”.

Amore sotto arrivato un po’ prima e… ma cosa diavolo sta succedendo?

Un attimo prima di quella frase lei mi dice “stai al gioco”.

Vedi, stai andando bene, nessuna erezione” e difatti li giù ancora tutto fermo, e quella situazione non l’avrebbe neanche lontanamente smosso.

Ciao caro, non te ne avevo parlato? Scusami amore, questa è Sophie, o almeno tra qualche attimo lo diventerà; quel programma sulla personalità, la sto aiutando e stiamo scegliendo i vestiti

Ah si, mi sembra di ricordare. Vai tranquilla, io sono giù a guardare la tele. Giornata pesante oggi ma mezza giornata di riposo me la merito; torno su tra una mezzora”.

Invece non se ne va e rimane li cinque minuti a guardare: “ecco, inizia con queste, un paio di calze di nylon nere, ecco il reggicalze, vedi si attacca così e qua si mettono i ganci per tener su le calze”.

Lui continua a fissare quasi divertito, mentre io sbircio di nascosto, sempre più imbarazzato.

Ecco questo è il corpetto: trattieni in po’ il fiato, ecco, brava, stringo un po’… ti sentirai soffocare un attimo ma dopo passa

Si passa un dito sulla labbra e intravedo nel suo sguardo un cenno di piacere; “ma perché sei così rigida, rilassati

Ecco, ma io…

Carlo, la stai mettendo in imbarazzo, su, vai giù a guardare la tv e a berti una birra

D’accordo!” e finalmente lascia la stanza; il rumore dei passi giù per le scale e allora Giovanna mi dice “scusa ma non ho avuto idea migliore… però Carlo non è un tontolone… devo proprio trasformarti in una ragazza e poi… poi puoi uscire in macchina… ti metto i vestiti tuoi nel baule e quando sei fuori dal cancello, trova un posto appartato per cambiarti e struccarti”.

Un vestito nero attillato che lascia scoperte le spalle e che va a cadere appena sopra alle ginocchia, un paio di sandaletti con tacco 12 “sono gli unici che ho trovato: sono un po’ alti e farai fatica a camminare… ma che piede hai”…

Me l’infila, taglia 43 ed io ho un 44 e mezzo… un po’ stretti, ma saranno per poco… “siediti e stai fermo”.

Mi passa una crema idratante sul volto e poi inizia con il fondotinta chiaro come la mia pelle, ombretto azzurro, matita e mascara nero, un po’ di terra sulle guance e rossetto rosso sulle labbra; una parrucca nera a caschetto, con i ciuffi che mi lambiscono le guance e “ti tocca anche questo”, smalto rosso anche sulle unghie “soffia che si asciuga” e io soffio, con la sensazione di non sapere più chi sono e le sue raccomandazioni di camminare sciolta con disinvoltura, ancheggiando, muovendo il culo e appoggiare il piede sempre di punta e poco di tacco.

Passo un attimo davanti allo specchio e mi blocco li a guardarmi, una donna… una stupenda ragazza… lei mi guarda, mi da un bacio sulla guancia e mi dice “ti devo due favori ora… ed uno posso già dartelo domani: Carlo parte per una due giorni a Roma”.

Scendiamo le scale, piano, sono alquanto impedito ed ho paura di cadere, “passiamo per di qua” e lasciandoci la sala alle spalle ci dirigiamo verso la cucina e la porta di servizio.

L’accompagno fuori un attimo!”, “non c’è fretta!”… Ci spaventiamo tutte e due! Carlo è li dietro il frigorifero aperto per prendere un’altra birra, io anzi barcollo all’indietro e sto quasi per cadere se non vengo afferrato proprio da Carlo che mi dice “Tutto a posto Sophie?

Si grazie” e arrossisco nuovamente, non so perché ma arrossisco.

Lui nota l'imbarazzo nei miei occhi e fa scivolare la mano lungo il fianco e afferra con veemenza la mia natica sinistra, stringendola fino a farmi emettere un grido sommesso… “mi devi un favore”.

Non capisco…” “Non devi capire” mi dice lui e stringendomi con una mano l’avambraccio e con l’altra premendo sulla spalla verso il basso, mi costringe, contro la mia volontà a mettermi in ginocchio: “mi devi un favore” e slacciandosi i pantaloni tira fuori il suo membro in erezione e lo avvicina alle mie labbra rosse “mi devi un favore” e mettendo la tua mano sulla nuca mi spinge la bocca verso il suo membro: la mia bocca rimane chiusa, ma alla fine devo cedere alla pressione e inizio con la sua direzione ad andare avanti e indietro, col membro che continua ad entrarmi e uscirmi dalla bocca, con la mie gambe che iniziano a tremare e la mia bocca che rimane aperta e insensibile.

Sophie un po’ di dolcezza” ma sono bloccato, non riesco a muovere un muscolo del mio corpo. “Giovanna, fai qualcosa!” e sento qualcuno che mi alza la gonna e mi infila qualcosa in mezzo alle natiche: è qualcosa di freddo, di molle, me lo sento penetrare e lancio un urlo di dolore, viene tolto, viene rimesso tre, quattro, cinque volte fino a che me lo sento penetrare dentro. Poi un attimo di pausa, sento che lo fissa con dei lacci alle calze e poi un “vai”.

Sento vibrare tutto, sempre più forte, emetto un urlo che assomiglia quasi ad un grido di piacere più che ti dolore, mentre Carlo riprende a infilarmelo in bocca dicendomi “dai Sophie, così, da brava troia quale sei, dai, vai da sola, avanti e indietro… vedi che ti piace, vedi che stai godendo come una porcella”.

Quelle parole, non so, unite alla vibrazione mi stanno mandando in estasi e non riesco più a controllarmi: ora continuo ad andare avanti e indietro con la testa, a leccarlo, a succhiarlo, a farmelo entrare giù in fondo alla gola fino quasi a soffocarmi, mentre qualcuno da dietro mi costringe ad alzarmi in piedi con le gambe divaricate di due metri quasi a farmi male al pube, togliendomi il vibratore dalle natiche e penetrandomi con un fallo più grosso.

Con la coda dell’occhio intravedo Giovanna completamente nuda con indosso una cintura con uno strap-on enorme, e con in mano quello che mi sta infilando e togliendo; non ci metto un attimo a capire che ha in mano una misura intermedia: lo capisco quando un bruciore secco mi fa emettere un urlo che viene sommesso dal pene di Carlo che quasi mi tocca la gola.

Giovanna come un’amazzone, mi sta cavalcando con colpi secchi e decisi, ed ad ogni colpo emetto un grido sempre più sommesso, ad ogni colpo scendono le lacrime ed a ogni colpo aumenta il piacere.

Mi affonda le unghie in una natica e con l’altra mano mi prende il membro e comincia a masturbarmi: il mio membro è molle e la sua presa prende assieme scroto e pene, andando su e giù, quasi come fosse una mungitura…

Sono in estasi totale, ormai il ritmo del pene che sto pompando, di quello che mi sta penetrando e della mungitura sono sincronizzati, anzi aumentano di frequenza e più aumenta e più aumenta il piacere e anche il dolore si trasforma esso stesso in piacere…

Un vulcano in erezione: il mio pene emette uno schizzo, un fiotto si sperma ma è ancora li moscio e desideroso di altre mungiture: Giovanna me lo stringe più forte e il mio grido è quasi una soddisfazione intrinseca che non mi fa sentire più il dolore.

Arriva” le parole di Carlo e subito dopo un fiotto di sperma mi riempie la gola “ingoia tutto il succo del mio amore mia bella Sophie” ed io ingoio, lecco avidamente e ripulisco il tutto, mentre la morsa sui miei testicoli, così come la presa da dietro si attenua fino a cessare.

Esausto, sfinito, mi accascio sul pavimento; Giovanna si avvicina e mi da un bacio su una guancia e mi dice “allora è bello essere una donna, e godere come una donna?

Si, si” rispondo io, quasi come una liberazione, svuotato, con il cuore che sta battendo a mille allora e un fremito incontrollabile, un misto tra dolore post sforzo ed emozione alle stelle.

Uno, due, cinque minuti e riesco a riprendermi quasi totalmente: il tremore è cessato, solo un dolore al fondo schiena e i testicoli che alle domande “come stai” di Carlo e Giovanna, mi fanno rispondere con una voce femminile.

Allora sei contenta Sophie, ti sei divertita?" “Si, anche se ora mi fa un po’ male”…

Tranquilla che in un paio di giorni ti rimetterai...

Mi guarda con quei due occhi verdi smeraldo, occhi che mi tolgono il fiato… Poi si avvicina e mi da un bacio sulle labbra: strana la sensazione di due labbra con il rossetto, mi mordicchia il labbro e poi si ritrae scoppiando in una fragorosa risata.

Ancora una volta io, da una situazione di eccitazione sprofondo in una di totale imbarazzo: lei continua a ridere e guarda Carlo che ride anche lui.

Sophie, sei proprio una zoccola… se ti piaceva prenderlo nel culo e succhiare cazzi, potevi dirmelo quando hai suonato il campanello: evitavi di stare li un ora davanti al computer con Carlo nascosto nell’armadio!

Un brivido freddo mi corre lungo la schiena: è stata tutta una farsa per trasformarmi nel loro oggetto di piacere; impietrito penso a quanto ho passato nell’ultima ora che neanche mi accorgo che Giovanna mi sta sistemando trucco e vestiti.

Un suo bacio mi ridesta… mi guarda dritto negli occhi, quei suoi occhi verde smeraldo e mi dice: “schiavetta vai a comprarmi un pacchetto di sigarette al bar qui all’angolo; sa farai la brava tra due giorni potrai riavere vestiti e documenti.” Mi passa la borsetta, mi accompagna all'ingresso della casa e facendomi uscire, mi chiude la porta in faccia.

Camminando a fatica sul vialetto esco sul marciapiede, percorrendo quel mezzo chilometro verso il tabaccaio. Mi sento osservato ma non ho tempo di farci caso, entro quando il commesso sta per chiudere la serranda: “solo un pacchetto di sigarette” con la voce più femminile che posso. Lui dice “ok, prima chiudo e poi usciamo dal retro”. Sigarette prese, tiro fuori il portafoglio, lo apro e tiro fuori l’unica banconota da 10 euro che però è un fac-simile con su scritto “scherzetto”.

Non ho soldi qui con me”. Il commesso si avvicina impietosito, mi fa per dare una carezza e poi mi stringe con forza l’avambraccio con la sua mano: “mi devi un favore” e si slaccia i bottoni dei pantaloni.

Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd - 22 aprile 2017

domenica 2 agosto 2020

Nylon

Femminilizzazione forzata intro: ...il fruscìo dei collant, che magnifica sensazione

"Mi passi i collant che sono lì sulla sedia, grazie".

"Eccoli tesoro", la mia mano sfiora quella di mia moglie che prende i collant, il nylon che scivola via dalle mie mani mi provoca un'eccitazione sempre crescente: infila una gamba, poi l'altra e poi le tira su fino all'altezza del sedere; sono eccitato, lei nota il rigonfiamento delle mie parti basse, mi sorride e mi dice:"Su, vieni qui da me!"

Io avanzo verso di lei fino a che mi mette la mano sopra le mutande dicendomi: “toccale se vuoi!”

Io comincio con le mani a massaggiarle i fianchi, sentire il fruscio del nylon sulle mie dita mi fa eccitare maggiormente, mentre lei mi infila la mano nelle mutande ed inizia a massaggiarmelo; la trascino sul letto, sei si sdraia appoggiandomi la gamba sul fianco, mentre io inizio a massaggiargli la coscia, scendendo sempre più giù fino ad arrivare al polpaccio. Lei mi sfila le mutande, che scendono giù per le cosce mentre continuo a massaggiarla, me le sfila dai piedi e poi se le avvicina al volto annusandole.

Col membro in erezione gli poso la mano sui fianchi per togliergli i collant, ma lei con uno schiaffo mi guarda e mi dice “non questa volta amore”.

La guardo stranito e la sua mano si sposta sotto il cuscino, tirando fuori un altro paio di collant, nere: mi guarda e mi sussurra “mettiti queste”.

“Come scusa?” mi esce spontaneo mentre lei ritorna a massaggiarmelo con più vigore, alchè le rispondo “va bene amore”.

Inizio ad infilare un piede nei collant, mi sento abbastanza impedito, ma lei mi sussurra “ti aiuto io”, avvolge una calza con la mano, me la infila su una gamba, fin sopra il ginocchio, poi mentre io con la mano sinistra me la accarezzo, mi avvolge anche la gamba destra, infine tirandomele su fino a coprirmi tutto.

Mi guarda, col membro in erezione avvolto nel collant, mi fa sdraiare nuovamente sul letto di schiena e inizia a massaggiarmi le cosce, andando su e giù sull’inguine, io di riflesso gli prendo le mani e cerco di avvicinarle al mio membro, ma lei mi prende i polsi e posandosi su si me, me li porta sopra la testa dicendomi “lascia fare a me tesoro”.

Rispondo con un ok, mentre ancora su di me, apre il cassetto del comodino sulla destra e prende un paio di manette: me le fissa ai polsi facendole passare da dietro lo schienale del letto; rimango fermo mentre lei mi alza la canottiera coprendomi la faccia: riesco ad intravederla, ma poi si alza, accende la luce della abat-jour e spegne la luce della camera.

Sento un rovistare strano nel cassetto del comodino, sento il suo respiro e i miei battiti che stanno iniziando ad accelerare, sento che mi stringe qualcosa alle caviglie, sento che lega qualcosa sull’angolo del letto, dal rumore capisco che sta facendo passare una corda a degli anelli che sono fissati alle mie caviglie, poi tira e le mie gambe vengono spinte all’indietro fino a che i miei piedi quasi toccano lo schienale del letto.

Fissa la corda con un nodo all'altro angolo del letto e praticamente sono immobilizzato con le gambe aperte, lei inizia a massaggiarmi le cosce, facendomi crescere nuovamente l’eccitazione, il tocco delle sue mani sui collant, mi fa impazzire come quando erano le mie che toccavano il suo corpo, le sue mani si spostano li in mezzo: spero che inizi a massaggiarmelo, a farmi venire, però lei si sposta più in basso, verso il sedere, le sue dita iniziano a premere, a spingere e poi con le unghie provoca un taglio nelle calze, con le dita allarga quel piccolo buco e poi inizia ad infilarmi uno, due, tre dita li dentro.

Io inizio a gemere dal piacere, vorrei che andasse un po’ più su per iniziare a prendermelo, a stuzzicarlo, ma lei toglie le dita, e con le due mani mi prende nuovamente le cosce ed affonda le sue unghie nella carne.

Mi lascio sfuggire un “ahia”, ma lei con voce calda mi sussurra “aspetta di sentire questo”.

Rimango qualche secondo a pensare a quella frase quando qualcosa inizia ad entrare nel mio fondoschiena, lancio un urlo proprio quando mi toglie la canottiera dal viso: la guardo in faccia, ha un sorrisetto divertito, guardo i suoi seni, turgidi e poi mi sposto in basso e vedo che indossa una specie di cintura con un membro che gli esce e che me lo sta infilando dentro.

“Ma cosa stai facen…. Ahhhh”

Con un colpo secco me lo fa entrare tutto e poi inizia ad andare avanti ed indietro, sempre con più forza e sempre con più velocità: io la guardo, il suo sguardo che sembra posseduto, il suo sguardo di chi è sicura di se, di chi sta dominando, di chi non ha intenzione di smettere, di chi non ha intenzione di fermarsi sentendo che sto iniziando a piagnucolare: senza pietà, si sta comportando come un uomo che continua fino all’orgasmo, mentre io sono la femmina che, immobilizzata subisce sperando che tutto ciò finisca presto.

Il nylon, il nylon che struscia sul mio membro riesce a farlo venire, lentamente, bagnando i collant, l’eccitazione decresce mentre il martellare incessante da dietro continua incessante facendomi scendere le lacrime agli occhi, facendomi sentire una puttana che viene sbattuta.

Lei se ne accorge, cala il ritmo e poi si ferma, ansimando, esausta, mi guarda, sorride, me lo sfila dal dietro e poi mi dice una frase che mi fa gelare il sangue:

“Allora come ci si sente ad essere sbattuta, bello ne?”

Io non rispondo, ancora legato, con le gambe che iniziano a tremarmi; mi abbassa i collant tutti impiastricciati e con la mano inizia a masturbarmelo: vengo nuovamente, poco pero, sulla sua mano, lei la toglie e me la posa sulla faccia, pulendola sulle mie labbra.

“Ciao amore ci vediamo dopo!”

Spegne l'abat-jour, esce dalla camera e chiude la porta dietro di se, nel buio della stanza rimango li a pensare a cosa è appena successo, con le lacrime che mi scendono sul viso, mentre la mia lingua va a ripulire quella sostanza calda dalle labbra.

Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd - 2 agosto 2020