FEMINIZED STORIE vol.2

FEMINIZED STORIES vol.2

Ed eccolo qui! Il nuovo libro della Vale. - (clicca sulla scritta sopra per leggere l'articolo) - Ancora una raccolta di racconti sulla ...

venerdì 3 dicembre 2021

Cosa vuoi che sia

 Femminilizzazione forzata intro:in piccolo gesto

 "Ciao, tu sei quello che mi ha dato una palpatina al fondoschiena in ascensore?"

La guardo e per un attimo mi si blocca la respirazione, divento rosso con un peperone e inizio a balbettare qualcosa.

"Come, hai perso la lingua?"

"No, ecco, io... come spiegarlo, c'è stato in ..."

"Cosa hai provato?" E dicendo ciò la sua mano scivola sul mio fondoschiena e inizia a massaggiarmi la natica sinistra.

Non riesco a dire niente, mi perdo nei suoi occhi blu di metilene, nel suo rossetto rosso che si avvicina alle mie labbra senza toccarle. Chiudo gli occhi e sento il suo respiro a dieci centimetri dal mio volto, aspetto, aspetto con ardente fervore quel bacio che non arriva, e l'unica cosa che sento è il clic della porta e un rumore di tacchi che avanza dietro di  me.

"È lui?"

"Si, neanche il coraggio di confessare"

"Lo sai che ti sei messo nei guai, vero?"

" Come nei guai?" Intervengo ma subito la mano della nuova arrivata mi tappa la bocca.

"Il solito rimedio?"

"No, qualcosa in più, deve essere di esempio!"

"Comincio a togliergli tutti i vestiti?"

"Anche le mutande!"

"Soprattutto quelle"

...

"Evita di complicare ancor di più questa situazione"

"O... ok"

Inizia a togliermi tutto, non in maniera irruenta, ma quasi dolce, mi sfila per ultimo i pantaloni e dopo le mutante, il mio membro è eretto per l'eccitazione e lei me lo prende tra pollice e indice ed inizia a giocherellare con il mio prepuzio.

"Hai finito?"

"Si scusa!"

"Infilale questo"

E le passa una scatola chiusa da un laccetto, lei lo apre e ne estrae un vestitino aderente di colore giallo  che mi fa indossare. Me lo infila dalle gambe: è attillatissimo e fa fatica a salire, finalmente passa dai fianchi , poi lei stringe la parte superiore tirando fortissimo i laccetti di questa specie di bustino.

Il vestito stringe tantissimo, e non riesco a nascondere il mio membro in erezione, abbasso lo sguardo e vedendo quel rigonfiamento provo un senso di vergogna, mentre sento le due che parlano tra loro su quale tipo di scarpe farmi indossare.

"Queste dovrebbero andarti bene!" E alzandomi leggermente il piede mi infila una décolleté nera tacco 12, con un laccetto che mi stringe alla caviglia.

"Ora andiamo, c'è una convention al secondi piano, tema della serata l'omofobia, tu sarai uno degli ospiti principali."

"No! Ma che siete impazzite? Non volete mica..."

"Tranquillo! Ti mettiamo una maschera sul volto, non siamo così perfide".

E così facendo, mi mettono una parrucca rossa ed una maschera bianca che mi copre il volto, accompagnandomi poi su per le scale, un po' per umiliarmi e un po' per farmi prendere dimestichezza con i tacchi. Una volta entrati nella sala, mi accompagnano verso i tavoli, dove ci sono una serie di piedistalli alti una decina di centimetri.

"Ecco, questo è il tuo, il numero tre. Stai qui, tranquilla e il più naturale possibile."

"Ma..."

Le guardo allontanarsi mentre la sala inizia a riempirsi di gente, gente che mi guarda: risate, occhiate, indicano il mio membro che rigonfia il vestito, ed io vorrei scappare, diventare invisibile, sperare che finisca presto questa tortura, ma rimango li, impietrito, immobile, con il respiro sotto la maschera che comincia a farsi affannoso.

Dopo una decina di minuti, le luci si abbassano ed inizia la conferenza; prende la parola una ragazza dai capelli rossi, dapprima non l’ho notato, ma quando si avvicina verso di me, mi accorgo che abbiamo lo stesso vestito e le stesse scarpe tacco 12 e gli stessi capelli.

“… Ci sono atteggiamenti che in passato venivano fatti passare per goliardia, per cose di poco conto, e noi eravamo costrette ad accettarle, anzi, non potevamo permetterci di contestare; una pacca sul sedere, cosa vuoi che sia? Se sei vestita così ti fa anche piacere…”

Nel parlare, mi gira attorno, avvicinando la mano senza toccarmi, poi fa un cenno alla prima fila, dove si alzano sei aitanti ragazzi che si avvicinano verso di me.

“Perché in fondo, perché dovrebbe disturbarti, visto che sei donna, una carezza sul sedere, uno schiaffetto, una palpatina...” e mentre dice questo i sei ragazzi mi passano dietro sfiorandomi, colpendomi il sedere e infilandomi la mano sotto il vestitino.

“Perché in fondo, con quei tacchi, con quel vestito, un po’ porca lo sei…” e nascondendomi alla mia vista, mi alza di colpo il vestito, mostrando a tutti le mie natiche, ma soprattutto il mio membro in erezione.

“Ti sei eccitata vero?” e tornata davanti mi toglie la maschera ed avvicina il microfono alle mie labbra.

“Io, Io, ecco…”, balbetto, mi blocco, col cuore in gola, il respiro affannoso, la vergogna che mi sale come una vampata improvvisa, ed entra lei, la ragazza che ho palpeggiato qualche settimana fa in ascensore.

“Dai, se vuoi ancora affondare la tua mano, fallo pure”, e dicendo così, la ragazza si avvicina a me, di spalle, ondeggiando il fondoschiena alla ricerca della mia mano.

“E’ una cosa naturale, un gesto innocente, in fondo se lo meritano, no?” e lei sfiora il suo sedere, sul mio membro, per poi, con una piroetta, spostarsi dietro di me e affondare le sue dita sulle due natiche, prendendole in una morsa e torcendomi la pelle facendomi gridare dal dolore.

“Mi lei non ha urlato”.

E stringendo ancora di più mi fa emettere un altro urlo di dolore.

“Ha subito in silenzio”

E una nuova stretta, che mi fa scendere delle lacrime sul volto.

“Cos’hai da dire ora?”

“Scusami, scusami tanto, non volevo”, singhiozzando, con le lacrime che mi scendono sul volto, mi accascio, mettendomi in ginocchio, iniziando a supplicarla ti lasciarmi andare via.

“Scuse accettate per ora, ma rimarrai qui per tutta la serata”. E facendo ciò, mi aiuta ad alzarmi, di nuovo sul piedistallo, con una luce che punta su di me e mi illumina il corpo, il vestito alzato, con le natiche bene in mostra, e il mio membro che inizia ad afflosciarsi; rimango li per tutta la serata, con i tendini delle gambe che iniziano a farmi male, con le lacrime ormai asciugate sul volto, con la bocca semi aperta e lo sguardo assente.

Pian piano la gente se ne va, la sala si svuota, le luci si spengono: tutte tranne una, quella che mi ha illuminato per tutta la serata, ed io sono ancora li, che non riesco a muovermi, umiliato per tutta la serata, con mille pensieri che mi girano per la testa e molte incognite per la mia vita che inizierà dopo questa serata.

“Togliti che mi fai schifo!”

La voce della signora delle pulizie mi scuote, senza ribattere scendo dal piedistallo, mi sistemo l’abito e mi incammino verso le scale: il suono dei tacchi riecheggia nel silenzio assoluto delle stanze deserte; una volta arrivato all’ingresso spingo il portone ed esco, piove, scosso nell’animo inizio a camminare senza meta, percorrendo il marciapiede e zigzagando tra le pozzanghere. Una macchina passa a gran velocità, e un'ondata di acqua sporca mi arriva addosso bagnandomi completamente, mi sistemo il ciuffo davanti ai capelli e poi riprendo a camminare.



Storie di femminilizzazione forzata 2 dicembre 2021

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