Femminilizzazione
forzata intro: ... Sarà la stanza giusta? Ecco cosa non vorreste che vi capitasse...
Arrivo all’indirizzo che mi hanno
segnalato, un palazzo di dieci piani nel centro città. Riguardo il foglietto
scritto di tutta fretta: Via Pascoli 128, scala A, 9° piano.
Saluto il portiere
e prendo l’ascensore, giungo all'ultimo piano e cerco il nome dell’agenzia sulle due
porte presenti e senza indicazione; sto per suonare su quella di sinistra,
quando quella di destra si apre e una ragazza sulla ventina, vestita con un
tailleur viola, mi sorride e mi dice: "la stavamo aspettando".
"Un attimo solo, si sieda pure qua", e
sparisce dietro una porta; sento un “è arrivato”, "bene, finisco qua e arrivo” e
subito dopo la ragazza, presumo la segretaria, riappare da dietro la porta dicendomi: "la dottoressa arriva tra un attimo".
Passano due minuti e la dottoressa
arriva, camice bianco e occhiali da vista con montatura bordeaux, mi fissa e mi
dice: "prego mi segua". Ed allora la seguo lungo il corridoio e all’interno di
una stanza.
“Le sembrerò scortese, ma io son
venuto qui per, ahi…” mi giro di scatto e la segretaria mi ha appena punto con
qualcosa, mi sembra una siringa e comincia ad appannarsi la vista e mi devo
appoggiare a qualcosa.
“Tutto bene? Presto, siediti” mi
appoggio a fatica sulla sedia, la mia vista torna regolare ed ho il
respiro un po’ affannoso, faccio per parlare ma non ci riesco e non riesco ad alzare la mano, che sembra pesi mille chili.
“Tranquilla, rilassati” e mentre io
non riesco a muovere nessun muscolo del mio corpo, le due mi tolgono i vestiti
e mi lasciano nudo: un epilatore e un tagliacapelli e mentre la segretaria mi
taglia la barba, i capelli e persino le sopracciglia, la dottoressa mi rade le
parti intime, le ascelle e i peli sulle gambe.
Una decina di minuti e sento un
formicolio in tutto il corpo: sto riuscendo di nuovo a muovere gli arti, ma
prima che possa alzarmi, le due mi spostano su una sedia, tipo quelle che usano
le ginecologhe: mi aprono le gambe e le fissano alla struttura con dei lacci,
mentre le mani mi vengono legate dietro la schiena.
Ho la bocca impastata e riesco, dopo
qualche verso a dire: “c’è un equivoco, io sono venuto qui per…” ma una pallina
di gomma mi viene infilata in bocca, legata con dei lacci che mi vengono
fissati dietro la nuca; la dottoressa mi guarda, ha in mano uno strano
aggeggio, come un tubo lungo una ventina di centimetri… la sua mano in un
guanto blu la cosparge con un gel trasparente, infila indice e medio nel mio
ano e una volta tolti, con un gesto deciso, inizia a penetrarmi con quell’aggeggio: entra ed
esce per una decina di volte, sempre più all’interno, fino a che lo sento
spingere sulla prostata.
La segretaria accende allora
un’apparecchiatura con un monitor posta alla mia destra: la dottoressa mi
cosparge la pancia con un gel blu e mi passa una specie di scanner sulla pancia, mentre
continua a far andare dentro e fuori il tubo dall’ano.
“Ecco, vedi Sonja, mi sposto un po’
più a destra, ci siamo quasi, eccolo: si, eccolo qui.”
La segretaria Sonja tutta eccitata risponde: “dottoressa
Elisa si, è una femminuccia.”
Io, in preda ad una eccitazione in
costante crescita, non riesco a capire cosa stanno dicendo: una femmina? Do
un’occhiata ai macchinari, al monitor e penso di sfuggita: “sono in cinta? Che
idea stupida, sono un uomo, ma cosa mi stanno facendo…” ed allora Sonja, con
voce trionfale: “guarda, sta godendo come una femminuccia”, indicando il mio
membro: lo guardo anch’io, non è eretto, è accasciato su un lato, ma esce del liquido spermatico, mentre l’eccitazione continua a salire.
“Oggi ti va bene", mi dice Elisa, "ti
do una scelta: o diventi la mia puttanella, o ti infilo questo fino a che non
ti si indurisce il cazzo” e mi mostra un dildo di oltre quattro centimetri di
diametro, il doppio di quello che mi sta sfilando dall’ano.
Per un attimo rimango sbigottito, ma
lei rapida inizia ad infilarmelo: è grosso e la sua prima spinta mi provoca un
dolore allucinante, dacchè gridai “voglio essere la tua puttanella”, ma avendo
il bavaglio alla bocca, uscirono solo dei suoni striduli… un'altra spinta, un
altro urlo, la frase ripetuta fino a che Sonja non mi toglie il bavaglio: “voglio
essere la tua puttanella”, “voglio essere la tua puttanella”, mentre mi
scendono le lacrime agli occhi.
“Bene, slegala e portala in bagno, la
voglio linda e profumata” e mentre Sonja mi slega, Elisa mi toglie il dildo
per infilarmi un clistere di mezzo litro che mi introduce nel di dietro.
Svuotato il contenuto, mi inserisce un piccolo plug-in a goccia, che una volta inserito mi fa da
tappo.
Doccia veloce e poi la vestizione, con un reggiseno nero con due protesi color carne, calze a rete, reggicalze e mutandino di pizzo nere, un paio di
tacchi 12 e poi le unghie, colorate di rosso.
Due polsiere e un collare con degli
anelli e poi Elisa inizia a truccarmi con fondotinta,
ombretto, mascara e rossetto, eyeliner e sopracciglia disegnate, parrucca a
caschetto lunga fino alle spalle.
“Guardati allo specchio: non sei
bellissima?”
Io: “Si.”
“Ripeti: sono la tua puttanella!” Ed
io ripeto tutto: sono ormai in sua balia ed in stato confusionale e i dolori di
stomaco si fanno sempre più intensi.
“Ti vuoi liberare dalle zozzure che
hai dentro?”
Ed io : “SI.”
“Non è così facile” ; prende un’asta
lunga un metro e mezzo e fissa le estremità ai ganci posti sulle mie scarpe, poi prende
delle catene che pendono dal soffitto, le fissa con dei ganci alle polsiere
e azionando un meccanismo elettrico inizia a sollevarmi da terra, fino a che mi ritrovo in
tensione con i piedi che toccano e sfiorano il pavimento.
Poi con un clic, Sonja mi toglie il reggiseno e mentre mi infila in
bocca nuovamente la pallina, Elisa mi applica ai capezzoli delle
mollette, collegate a delle catene con dei pesi alle estremità: dal dolore le
lacrime iniziano a scendere sul mio volto, rigandomelo di nero.
Con una voce
dolcissima, che per un attimo mi fa dimenticare il dolore mi dice “vuoi che
ti libero il culetto puttanella?”. I miei sì si mischiano all’urlo dovuto
alle frustate sul membro e sui capezzoli da parte di Elisa e alle frustate sul sedere di
Sonja: a ritmo costante, con i muscoli in tensione comincio a tremare e
piangere come un bambino, mentre il ritmo delle stesse ora aumenta.
Mentre Sonja mi libera dal bavaglio, Elisa
inizia a ripetermi: “di che ti piace, di che stai godendo come una troia,
puttanella” ed io ripeto tutto, singhiozzando, una, due, tre volte, fino a che
con un colpo secco, il tappo mi viene tolto e non riuscendo più a trattenermi, inondo la stanza di una cascata
marrone e maleodorante.
Trenta secondi in cui non sento più
dolore, ma solo senso di libertà: ormai sfinito, le due aguzzine mi tolgono le catene e prendendomi per la parrucca, mi spingono la testa dentro la pozza che si è formata sul pavimento dicendo “mangia e ripulisci
tutto”…
Due boccate e poi urti di vomito incontrollati: prima di svenire
sento solo una voce in lontananza che dice: “c’è stato un errore, il signore è arrivato per un colloquio giù all’ottavo piano.”
Storie
di femminilizzazione forzata, by Vale84cd - maggio 2017
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