FEMINIZED STORIE vol.2

FEMINIZED STORIES vol.2

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lunedì 23 marzo 2020

SECRETARY - Second Part

Femminilizzazione forzata intro: dove eravamo rimasti? Ah si, stanza buia, si sta accendendo una luce, ma forse era meglio che rimaneva spenta! O no?

CAPITOLO II

Rimango sulle punte dei piedi non so per quanto: cominciano a farmi maledettamente male i polpacci ed inizio lentamente a cedere, ma ogni volta che cedo, la stretta al collo mi fa trasalire e riprendo quella scomoda posizione.

Ormai sarà più di un’ora credo, che la luce si è spenta e sono allo stremo delle forze: la chiarore delle lampade di emergenza è l’unica cosa che vedo, ma è sempre più debole; ma quando sta per annebbiarmi la vista sento un rumore, come di una porta che si apre ed avverto qualcuno che si avvicina, un’ombra, sento qualcosa che mi sfiora le gambe, sento un “clic”, seguito da un altro poco dopo, ma non capisco cosa sia.

Poi una forza misteriosa inizia ad allontanarmi le gambe, non riesco a resistere e il peso del mio corpo viene sostenuto tutto dal mio collo.

Inizio a respirare a fatica quando una voce femminile, mi sussurra: “deciditi, o donna o ti lascio appesa fino a domani mattina”, io farfuglio qualcosa di incomprensibile e la voce rincalza: “rispondi o ti lascio cosi”, riesco a accennare con un filo di voce “donn”, “non sento, ok, hai deciso tu”, “don-na” con il poco fiato in gola riesco a scandire quelle due sillabe.

Sento azionare la manovella e il cavo appeso al soffitto si abbassa, appoggio le punte dei piedi e mentre il cavo continua a scendere, dapprima appoggio a fatica i piedi che cedono e poi rimango in ginocchio in mezzo alla sala: inizio a tossire, cercando di recuperare al più presto il fiato. E' ancora tutto buio, cerco di scorgere qualcosa ma una luce mi viene puntata negli occhi; avendo ancora le mani legate dietro alla schiena, scosto il viso chiudendo gli occhi, ma poi sento che mi vengono tolte le cavigliere e le manette.

Mi accascio per terra per qualche minuto e poi, una volta ripreso, inizio a massaggiarmi i polsi, quando si accende la luce dell’ufficio: rimango li fermo immobile per qualche minuto e poi istintivamente mi alzo e mi dirigo verso la porta.

Entro nella stanza e la trovo li davanti alla scrivania, con in mano la stessa frusta ma con un abbigliamento più insolito: invece del solito tailleur, è in un vestito di pelle attillata, anzi chiamarlo vestito è un po’ troppo generoso; una mutandina di pelle unita con una striscia ad un reggiseno sempre di pelle, che però i seni con li copre, anzi, li comprime e li fa diventare sodi, a punta con i capezzoli che sembrano voler uscire e voler farsi leccare.

Il mio pene ha un sussulto, ma è ancora legato alla corda e al collare: lei intuisce qualcosa e mi toglie il collare, liberandolo; inizia ad accarezzarlo, a massaggiarlo, si abbassa e comincia a leccarmi i testicoli. Io in preda all’eccitazione alzo gli occhi al cielo ed emetto un gemito di piacere.

Lei allora si interrompe, si rialza, mi guarda e mi dice: “togliti camicia e cravatta ed indossa questo”, indicandomi un pacco sul tavolo. Mi svesto completamente, sono nudo con lei che mi sta ad un metro di distanza e mi guarda come se gli facessi pena.

Nel pacco un paio di autoreggenti, mutandine e reggiseno, indosso tutto con una certa difficoltà: ho aiutato diverse donne a sbarazzarsene, ma mai avevo indossato quella roba. Il mio viso inizia a diventare paonazzo e il mio pene diventa sempre più duro.

“Inginocchiati e dammi le mani”. Eseguo, con lei seduta sulla poltrona a fianco della scrivania e le mie mani che si appoggiano sulle sue gambe: tira fuori dal cassetto una boccettina di smalto rosa chiaro.
“Tu continua a guardare le mie tette Sara, sai, volevo metterti lo smalto rosso, però mi dava l’impressione di una donna forte mentre tu sei, beh…”

Interrompe così la frase, il mio sguardo fisso sui suoi capezzoli si alza a cercare i suoi occhi che sorridono. Ritorno a guardare il seno, con l’imbarazzo dell'essere stato chiamato "Sara" che mi sale e l’eccitazione che inizia a scemare. 

Poi guardo giù verso le sue mani: smalto rosso fiammante che spalmano un rosa pastello sulle mie unghie, una volta terminata l'opera soffia leggermente sulle dita e mentre io sono fisso sulle mie unghie dipinte, mi mette una mano sotto il mento e me lo alza leggermente… “mmm, dai colori chiari per una femminuccia come te” ed inizia con ombretto rosa sugli occhi, matita e mascara e poi è la volta del rossetto.

Mi avvicina uno specchio e mi chiede: “Sara come ti sembra? Sei una bella ragazza o no?”… la risposta non arriva ed allora lei spazientita ripete: “Sara, di che sei una bella ragazza!”, “Sono una bella ragazza”, lo dico, con voce bassa soffocata dalla vergogna, lei incalza: “scusa ma non ho sentito, una bella cosa? Dai più forte, su dillo!”. “Una bella ragazza!” urlo ora e divento rossa in viso, imbarazzata mentre lei mi guarda e mi sorride.

“Lo so perché, lo so perché! E’ che ragioni ancora con questo!” E prendendomelo in mano inizia a masturbarmi sempre più velocemente che dopo una ventina di secondi, sono già in procinto di eiaculare: allora mi prende la mano e me la mette sotto dicendomi: “tutto lo sperma, neanche una goccia devi far cadere” mentre con l’altra mano continua ad andare su e giù, finché un fiotto caldo mi inonda la mano.

“Ecco, brava, manda giù, ti dovrai abituare”. Ero esausta dall’essere venuta così rapidamente che non mi sono accorta che mi aveva preso la mano piena di sperma e me l’aveva avvicinata alla bocca ruotandola leggermente.

Quel liquido caldo mi entra in bocca, lo assaporo e poi lecco avidamente tutta la mano: la sporco col rossetto, la guardo, lei mi dice “va che disastro che hai fatto!” e avvicinandomi a me mi chiede “vuoi leccare i miei capezzoli Sara?”, “Si” rispondo subito con un’eccitazione che mi pervade, lei sia avvicina lentamente, ed io tiro fuori la lingua per avvicinarmi al suo capezzolo turgido, lo sfioro con la punta della lingua, lei si ritrae e in un attimo mi infila in bocca una ball-gag, fissandomela dietro alla nuca.

“Ma cosa pensavi di fare sciocchina?” e mettendomi una mano sulla testa, preme per farmi mettere in ginocchio: mi prende la testa con le due mani e me la preme contro la sua vagina, facendomi assaporare il suo odore. “Alza le due mani, presto” e di nuovo, un paio di manette che vengono fissate con un moschettone all'anello posto dietro alla nuca. 

Poi si sposta e con una manata mi fa cadere sul fianco destro: “eccoti queste, così potrai camminare un po’” e da una scatola tira fuori degli scarponcini di pelle, con un tacco vertiginoso; me li infila e mi stringe i lacci di pelle per non permettere il movimento delle caviglie, poi con una mano sotto l’ascella mi aiuta ad alzarmi. I tacchi sono estremamente alti e praticamente sto in equilibrio sulle punte dei piedi.
Barcollo ad ogni passo, come una giraffa appena nata che cerca di reggersi in piedi. “So io cosa ci vuole” e tira fuori un plug anale, lo lubrifica e me lo inserisce in mezzo alle natiche: cerco di fare resistenza, ma la sua pressione è troppo forte e benché faccia fatica ad entrare, dopo qualche secondo e qualche mio urlo entra completamente.

“Sara, se mi dici basta, interrompo subito tutto, allora, che mi dici?” “Baaffffaaa” è l’unica cosa che riesco a farfugliare con la pallina in bocca, talmente grande stretta dietro la nuca che tiene la mia mandibola aperta e comincia a farmi seccare la gola.

“Ok, allora continuiamo” e prendendo una catena che penzola dal soffitto, la fissa con un moschettone all’anello che c’è dietro alla nuca e che tiene bloccate le manette. E’ tesa, quel tanto che basta per permettermi di camminare con i tacchi.

“Sara, rendiamo inerte il tuo amichetto?” “Ooooo”… Ma non basta, la frusta inizia a colpire il mio pene che dapprima tenta di andare in tiro, per poi afflosciarsi sempre di più, con le mie urla che si trasformano ad ogni frustata in singhiozzi e pianto, tant’è che lei smette e si avvicina a me guardandomi negli occhi e dicendomi.

“Ma basta che mi dici Smettila ed io interrompo subito, allora cosa dici?” “Smmmmommoo”, “Va bene, come vuoi” e mi prende con le mani i capezzoli e inizia a torcerli fino a farmi scendere le lacrime. Non contenta, li lascia, li lecca e poi li stringe di nuovo, con le mie urla soffocate dalla palla e il viso rigato di nero dalle lacrime.

“Dai, ti faccio venire infilandoti qualcosa nella tua fighetta”“ooogg oooobbb” e vedo che prende un’asta lunga, la lubrifica, si avvicina al mio pene ed inizia ad infilarcela dentro.
Entra una decina ci centimetri, fino che non arriva al suo fine corsa con una specie di anello… Poi inizia a muoverlo entrando e uscendo, mentre inizia a bruciarmi tutto. Il mio pene comincia a gonfiarsi e sale l’eccitazione, sempre di più, lei continua incessantemente, più veloce, sempre di più fino a che non eiaculo una seconda volta sulla sua mano.

Lei continua mentre le mie gambe cedono e tutto il peso del mio corpo viene sostenuto dalla mia testa, poi mi appoggia la mano sul viso e sento lo sperma che mi cola dagli occhi alle guance e sulle labbra.

Poi si allontana, spegne la luce ed esce. Io riesco a riprendere un poco le forze e rimettermi in piedi, dopo qualche secondo l’asta che è inserita nel mio pene si sfila e cade facendo un rumore metallico.

Rimango in quello stato di dormiveglia tutta la notte, con i tendini delle gambe in fiamme per lo sforzo, poi inizia ad albeggiare, si fa sempre più chiaro fino a che le luci esterne all’ufficio si accendono.

Poi si apre la porta, entra lei seguita da tutti i miei colleghi di lavoro che si mettono in cerchio intorno a me. “Date a turno una frustata su quel pisellino che ormai a Sara non serve più, uno per ogni centinaia di euro che ci ha fatto perdere… ah ecco… 3700€…”


Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd -  mar 2020 

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