FEMINIZED STORIE vol.2

FEMINIZED STORIES vol.2

Ed eccolo qui! Il nuovo libro della Vale. - (clicca sulla scritta sopra per leggere l'articolo) - Ancora una raccolta di racconti sulla ...

domenica 15 novembre 2020

LA SALA DEL TE'

Femminilizzazione forzata intro: ... per fortuna ho la cameriera che ci porta il tè...

Le sfioro il viso con la mia mano,la sento ansimare, i nostri corpi sono un tutt'uno, le mie gocce di sudore scendono su di lei, la guardo negli occhi, nei suoi splendidi occhi marroni da birichina e le stampo un altro bacio sulle labbra. Lei sorride, mi guarda e mi dice “ti ho sporcato le labbra di rossetto”.

Lei mi sposta da un lato spingendomi con le sue mani sul mio petto, mi fa uscire da lei e si gira verso il cassetto del comodino, armeggia per qualche istante, mentre io sono rapito dal suo fondoschiena imperlato di sudore. Si gira, con in mano un fazzolettino, me lo appoggia sulle labbra e mi sussurra “però non stai tanto male con su il rossetto!”

Io la guardo un po’ stranito e le dico “come dici scusa?” abbassando la faccia ed alzando le palpebre degli occhi alla massima ampiezza possibile.

“Fammi provare un attimo” e scostando il fazzoletto fa comparire un rossetto rosso, dello stesso colore che ha addosso, lo avvicina alle mie labbra e lo lascia fermo lì aspettando una mia reazione.

“Che hai intenzione di fare?” dico io con tono sospettoso.

“Ti fidi di me? Per questa volta mi lasci condurre il gioco? Non avrai mica paura?”

“No no, e cosa dovrei temere?”

“E allora shhh… per oggi nessuna domanda, farai quello che ti dirò, intesi?”

“Ok amore”

“Ecco, fatti una doccia, e poi vieni di la nel guardaroba che ti spiego tutto”

“Ok” un altro bacio sulle labbra e mi dirigo, nudo verso il bagno.

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Una volta asciugato, indosso l'accappatoio e infilate le ciabatte di spugna mi dirigo verso il guardaroba. La trovo vestita con una leggerissima vestaglia di seta azzurra, che fa intravedere il suo completo intimo nero; si gira sentendomi arrivare e mi sorride, faccio per dirle qualcosa ma lei con un dito mi indica di aprire il guardaroba. Lo apro e vedo una serie di vestiti da donna. “Più a destra, più a destra” segue la mia mano che si avvicina ai vari capi, mentre io con la coda dell’occhio vedo la sua faccia divertita e lei vede la preoccupazione sul mio volto, “Eccolo, prendilo e indossa”.

Lo tolgo dall’attaccapanni e lo posiziono sul tavolino in centro alla stanza fissandolo: è un completo da cameriera, nero coi risvolti di pizzo bianchi, gonnellina, giacchetta e altri accessori che non distinguo.

“Non vorrai mica che io…”

“No no, ci mancherebbe, prima sotto devi indossare questi!”

E mi porge un sacchettino che riconosco bene, il completino intimo, reggiseno, mutande di pizzo e calze a rete bianche che le ho regalato giusto una settimana fa per la festa di San Valentino: lo fisso, pensando a quando sono andato nel negozio a comprarlo ed immaginandolo indossato da lei; divento rosso in viso, lei si avvicina slacciandomi la cintura dell’accappatoio e facendomelo cadere dalle spalle, sussurrandomi “ti aiuto io se vuoi”, col suo dito indice che mi solleva il mento e mi fa incontrare il suo sguardo sempre più divertito.

Mentre mi infila il reggiseno e me lo allaccia dietro la schiena io mi infilo le piccole mutandine che, una volta sistemate, non riescono a contenerlo “Quando ci farai l’abitudine ci riuscirai” mi dice facendomi l’occhiolino, mentre nella mia testa iniziano ad accumularsi degli strani pensieri “l’abitudine? Che cosa ha in mente?”

“Dai, ti aiuto con le calze” Me le infila, con grazia mentre io mi appoggio sul tavolino, inginocchiandosi davanti a me e facendomele salire, una e poi l’altra, lentamente fino all’altezza delle cosce. Una volta finito indosso il completino, con lei che mi lega dietro la schiena prima il gonnellino a grembiule e poi la giacchetta simile ad un corsetto, coi lacci intrecciati sulla schiena, due polsini neri col pizzo bianco, un collarino dello stesso colore e un cerchietto bianco sulla testa completano il tutto.

Mi guarda e vede che sono abbastanza imbarazzato, “mettiti queste e vieni un attimo in camera”. Mi da una scatola in mano, la apro e trovo delle scarpe nere lucide con dei tacchi che mi sembrano altissimi; le tolgo dalla scatola, le indosso e chiudo il laccetto che mi cade sulla caviglia. Mi alzo, barcollo per qualche istante, ma poi camminando sulle punte riesco a dirigermi verso la camera senza troppi problemi.

“Siedi qui” la sua mano batte sulla sedia che è davanti alla specchiera; mi avvicino e mi siedo, lei vede l’espressione agitata e preoccupata sul mio volto ma mi tranquillizza “tranquillo, una cosa leggera, niente di che”; mi applica un po’ di rossetto rosso sulle labbra e la matita intorno agli occhi.

“Non voglio trasformarti in una sissy, almeno per ora, voglio solo vederti un po’ in imbarazzo e giocare un po’ con le tue emozioni”.

"Almeno per ora?", divento ancora più rosso in viso al solo pensiero di quelle parole, ma lei non mi lascia tempo di pensare e prendendomi per mano e aiutandomi ad alzarmi, mi sussurra un “andiamo in sala che c’è un’altra sorpresa”.

"Un’altra sorpresa?" La mia mente si blocca, non voglio neanche pensare che cosa ci sia di la in sala, la seguo camminando sui tacchi, non accorgendomi che il mio passo è diventato fluido e femminile e non più incerto; si ferma davanti alla soglia e portandomi di fianco a lei, mi appoggia una mano sul fondo schiena e con una spinta mi fare due passi in mezzo alla sala.

“Buonasera a tutte ragazze, tra qualche minuto verrà servito il tè dal mio cameriere personale”.

Rimango di sasso, iniziando quasi a tremare, mentre lei si avvicina e mi sussurra “non farmi fare brutte figure, saluta con un inchino e vieni di la con me in cucina”.

“Buonasera!” e prendendo il gonnellino con entrambe le mani piego leggermente le ginocchia e voltandomi mi dirigo verso la cucina, con le risatine delle cinque signore sedute sul divano e sulle poltrone che mi pungono come spilli nel mio animo.

Entro in cucina e chiudo la porta, la guardo, con gli occhi gonfi che stanno quasi per piangere ed invocano un perché!

“Su caro, scalda l’acqua, prepara sei tazze coi cucchiaini, mettile sul vassoio assieme al contenitore dello zucchero e delle bustine del tè; quando bolle l’acqua mettila nella teiera e vieni di là: mi raccomando, prima bussa e aspetta che ti do autorizzazione ad entrare, d’accordo? Ti voglio bene!”

Un bacio sulla guancia e poi esce chiudendo la porta; inizio a preparare il tutto mentre loro chiacchierano, ad alta voce, con l’intendo di farsi sentire da me.

“E finalmente hai la cameriera anche tu? O dovremmo chiamarlo cameriere?”

“No chiamatelo pure cameriera, questa volta non l’ho femminilizzato per bene perché mi faceva un po’ pena”.

“Guarda, la mia l’ho messa in riga già dalla prima volta, trucco, smalto e parrucca, ed ora fa tutto da sola se no il suo culetto saggia la mia frusta dopo il servizio”.

“Ok, dai, settimana prossima sarà pronta, magari le faccio pure i buchi nelle orecchie e la agghindo per bene”.


Rabbrividisco al solo pensiero di quello che mi potrà capitare, mi appoggio con entrambe le mani al tavolo perché al sentire quelle frasi sento venir meno le gambe; poi le loro voci si attenuano, si fanno più flebili, forse stanno confabulando qualcosa, forse era tutta una messinscena, uno scherzo per prendermi in giro.

L’acqua inizia a bollire, spengo il gas del fornello e verso il contenuto del pentolino nella teiera; prendo il vassoio, mi metto davanti alla porta e dico “Il tè è pronto”.

“Puoi entrare cara”. "Cara? Mi ha parlato al femminile?" Apro la porta ed entro nella stanza: sei volti che mi guardano e fanno fatica a trattenere le risate; le guardo e divento ancora più rosso, mentre appoggio il vassoio sul tavolo ed inizio a versare il tè.

“Però ha proprio un bel culetto!” sento sussurrare dietro di me, cerco di non farci caso e continuo nel mio lavoro, cercando di fare tutto con cura, chiedo quale tè vogliono, quanti cucchiaini di zucchero e una volta che le ho dato le tazzine, faccio un breve inchino e ritorno vicino al vassoio.

“Brava cara!”

“Ma come, non le hai dato ancora un nome?”

“Uh, non ci ho pensato”

“Una ragazza così carina, come si fa? Carina… carina… ma se la chiami Carol?”

“Si, Carol sarebbe perfetto. Carol, vieni qua un attimo e girati”.


Mi avvicino a lei e mi giro, sento che mi prende il laccio del grembiule e me lo disfa, facendolo cadere a terra e mostrando a tutte il mio coso dentro le mutandine di pizzo bianche. Mentre rimango immobile, imbarazzato a mille e con la bocca semiaperta, lei mi prende le mutandine e me le abbassa fino all’altezza delle caviglie.

“Carol, rimani qui di fianco a me fino a quando non abbiamo finito di sorseggiare il tè e chiacchierare: ancora un’ora, un’ora e mezza e poi puoi sparecchiare e lavare tutto. E un’altra cosa…” toccando con il dito il mio pene afflosciato “non risvegliare questo cosino qui, che non si addice ad una signorina come te”.

Risate, risate e ancora risate, mentre la vergogna sale fino quasi a togliermi il fiato e il mio viso diventa rosso, che più rosso non si può. Rimango li immobile, mentre loro continuano a parlare, ma io non riesco più a sentire quello che dicono: la mia mente sta già viaggiando e pensando a quello che mi accadrà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, ed inizio ad avere paura… 

Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd - 15 novembre 2020

CARNEVALE 2019

Femminilizzazione forzata intro: ... c'è sempre una prima volta

Tutto pronto, truccata mi sono truccata, ed ora in macchina, con i pantaloni della tuta che coprono le gambe avvolte nel nylon, scarpe da tennis per guidare, mentre le tacco 14 sono in una bustina ai piedi del sedile passeggero. Giacca a vento e parrucca bianca argento.

Accendo la macchina e mettendomi in marcia esco dal cortile: primo batticuore al semaforo posto a 200 metri, se una macchina si affianca e guarda dentro, se un pedone si avvicina? Capirà l'inganno, penserà "che bella ragazza" o farà una faccia disgustata?.

Non c'è nessuno e quando il semaforo diventa verde, via. Venti minuti di auto tranquilli ed arrivo a destinazione, parcheggio, tolgo i pantaloni della tuta e le tennis e infilo le mie scarpine col tacco 14 nere, stringendo poco il laccetto.

Prendo il pacchetto di dolci, mi do un ultimo sguardo nello specchietto, tolgo la giacca e scendo.

Con passo un po' traballante arrivo alla porta, suono il citofono, l'aria fredda mi avvolge le spalle e mi fa ricordare che non ho neanche uno scialle o maglioncino per ripararmi dal freddo.

Mi apre, salgo le scale con il ticchettio che rimbomba fin su al secondo piano e poi mi metto davanti alla porta.

Qualche secondo e si apre, il cuore in gola e la sua bocca che si spalanca.

"Non dire niente, sono carina?"

"No, non ci posso credere, sei proprio tu  xxxxxx"

"Shhh"
dico posandole il dito indice sulle labbra, "sono Valentina, ho portato questi dolcetti".

"Entra e siediti qui, gli altri stanno arrivando. Scusa ma come hai... No no niente, poi mi dirai"

"Lo sai che sono una perfezionista!"

"Si Valentina, grazie mille. Sono contenta che sei venuta a festeggiare l'8 marzo con me".

 Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd - 19 marzo 2019

mercoledì 11 novembre 2020

Lezione

Femminilizzazione forzata intro: ... che ansia l'interrogazione, ma poi...

Sono un po' agitato, il professore dovrebbe entrare a momenti, ah eccolo.

"Buongiorno professore" diciamo in coro mentre ci alziamo in piedi, con i nostri camici bianchi per la lezione di chimica in laboratorio. Tre ore, però prima ci sarà un'interrogazione, e facendo un po' di calcoli spannometrici, essendo già il secondo quadrimestre avanzato, potrebbe essere il mio turno.

Il professore dopo aver ricambiato il saluto ed averci fatto accomodare si siede dietro la cattedra, apre il suo registro e scorre l'elenco dei nomi con la punta della penna. Io lo fisso in ansia come non mai, mentre lui, scostandosi la montatura degli occhiali dice "interroghiamo?" ... Attimi di pausa eterni "Rossi" ... cavoli siamo in due, io e la Car... "Marco". Doccia gelata, mi alzo e mi avvicino alla lavagna a fianco della cattedra. Il professore mi guarda e mi fa la prima domanda: "parlami del carbonio, formula chimica eccetera eccetera". Un sospiro di sollievo ed inizio a parlare, più passa il tempo e più mi tranquillizzo, rispondo correttamente, penso, a tutte le domande, e dopo una decina di minuti mi dice "bravo, puoi tornare al tuo posto".

Lo guardo tirando un sospiro di sollievo e ringraziandolo con lo sguardo, ma mentre alzo il piede sinistro per dirigermi verso il mio banco sento la sua voce che mi dice: "prima però, togliti il camice".

Lo riguardo quasi a implorare pietà, poi inizio a slacciare i sei bottoni del mio camice, lo apro, lo faccio scorrere sulle mie spalle e giù fino ai gomiti e poi delicatamente me lo sfilo di dosso appoggiandolo sulla cattedra.

Lui si alza e si mette dietro di me, la sua mano destra si appoggia sulla mia coscia destra, salendo fino ad incontrare il pizzo dell'autoreggente, per poi spostarsi davanti fino ad arrivare alle mutandine di pizzo nere ed accarezzare il mio membro dentro di esse, mentre la mano sinistra sale sul fianco fino ad arrivare all'altezza del reggiseno, si intrufola sotto e mi accarezza il capezzoli sinistro.

Mentre mi stringe a se sento il suo membro duro che si appoggia sul mio fondoschiena, il mio viso diventa paonazzo, mentre guardo i miei compagni di classe che mi guardano, con compassione e capendo cosa sto provando in quel momento.

"Chiara!" La voce del professore irrompe in quel silenzio irreale, la ragazza si avvicina a me, mi guarda e con gli occhi fa quasi per scusarsi, tira fuori un rossetto rosso e me lo applica sulla labbra, poi il mascara sugli occhi: un trucco semplice, a lui piace così.

"Grazie", la congeda e Chiara torna al suo posto, mentre lui continua a massaggiarmi facendomi diventare sempre più rosso, mentre la sua bocca si avvicina alla mia testa, baciandomi prima il collo e poi la guancia. 

Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd - 11 novembre 2020