Stavo per finire la
relazione sulle problematiche legate allo stress lavorativo dell’azienda,
quando sento la voce di Carla che mi chiama: “Giorgio, uhu, qua sta succedendo
qualcosa”; alzo la testa, la guardo e la vedo preoccupatissima in viso, che
guarda giù dalla finestra.
Mi alzo e vado verso di
lei, guardo anch’io verso il parcheggio e vedo diverse auto arrivare, tra cui
una pattuglia della polizia e delle auto mediche. “Ma cosa sta succedendo”, mi
chiedo a voce alta, quando la porta si spalanca e entrano Monica e Grazia, più
che entrano, vengono spinte da due personaggi in tuta bianca e maschera, i
quali, rivolgendoci la parola ci dicono: “tutto l’edificio è bloccato, causa
virus infettivo; vi abbiamo suddivisi in gruppi di quattro persone, dovrete
rimanere qui dentro una decina di giorni, a breve vi porteremo delle brande e
del cibo”.
“Come virus?”
piagnucola Carla.
“Tranquilli, è per la
vostra sicurezza: i contaminati sono al piano di sotto, voi non dovreste essere
in pericolo, però è meglio che rimaniate isolati qui”.
Si dirigono verso le
finestre e bloccano i dispositivi di apertura, così come per il bagno vicino,
poi si dirigono verso la porta, escono e la chiudono a chiave.
Rimaniamo tutti di
sasso, Monica inizia a piangere mentre Grazia la consola, Carla mi guarda con
gli occhi lucidi ed allora, prendendo coraggio cerco di consolarle: “tranquille
ragazze, nulla di grave dai… almeno riusciremo a finire tutto il lavoro
arretrato senza distrazioni”.
Strizzo l’occhio destro
e Monica, asciugandosi le lacrime esclama “che pirla che sei!” Pochi attimi e
una risata, che contagia tutti. “Sarà una lunga settimana questa” dice Grazia,
strizzandomi a sua volta l’occhio sinistro e con ritrovato entusiasmo, ci
sediamo alle rispettive scrivanie e finiamo ognuno i compiti della giornata.
Meno di un’ora e i
personaggi vestiti di bianco tornano e ci consegnano quattro brande, coperte,
due vassoi con del cibo e una cassa di acqua; in meno di mezz’ora ci sediamo ai
tavoli e ceniamo, alle ore venti abbiamo già finito, sistemiamo tutti gli
avanzi nei due contenitori sigillati davanti alla porta d’ingresso e ci sediamo
a parlare.
Sono un po’ spaventate,
riesco a capirlo dai loro discorsi, anche se non lo danno a vedere e quando
parlo pendono letteralmente dalle mie labbra cercando conforto nelle parole che
dico; io mi sforzo più che posso nel rassicurarle, anche se questa situazione
un po’ mi preoccupa, anche perché ci hanno dato poche informazioni e ci hanno
rinchiuso in questa stanza, bagno compreso, di poco più di cinquanta metri
quadri.
Parliamo fino alle
ventitre e poi si decide di andare a letto: spostiamo le scrivanie e sistemiamo
le quattro brande, le ragazze sulla parete vicino al bagno ed io dalla parte
opposta. “Ecco, siamo senza pigiama” esclama Carla, “ci tocca dormire con
l’intimo… è un problema?”
Mi guarda con gli occhi
spalancati, distolgo lo sguardo da lei e mi accorgo che anche Monica e Grazia
hanno la stessa espressione in viso… In due secondi, divento paonazzo in viso e
farfuglio “no, no, nessun problema”. Abbasso lo sguardo e inizio anch’io a
togliermi i pantaloni, giacca e camicia, e non posso fare a meno, ogni tanto,
di sbirciare le tre ragazze, che sono a meno di cinque metri dal mio letto.
Carla, ha un completino
bianco, reggiseno e mutandine di pizzo, con i capelli biondi che gli ricadono
sulle spalle, si accinge a togliersi le autoreggenti anch’esse bianche; Grazia
un completino nero, i capelli castano tagliati a caschetto, il reggiseno
imbottito e un triangolino che fa trasparire una depilazione completa; Monica
invece un completo blu, il reggiseno che pare di due taglie più stretto, i
capelli ricci rossi che lambiscono le spalle e un tanga striminzito che non
copre proprio niente. La fisso mentre si sta togliendo i collant color carne,
lei alza lo sguardo, poi lo gira verso di me, mi sorride e continua nella sua
opera, sfilando prima una gamba e poi l’altra.
“Dai, vieni qui un po’
con noi” mi dice Grazia con la sua voce sbarazzina. “Su dai, che non ti
mangiamo” insiste Carla, mentre Monica mi guarda divertita.
Divento rosso in viso e
mi alzo andando verso di loro, che sono ora sedute sul letto a gambe conserte:
quando sono vicino, mi accorgo che il mio membro è eretto, Grazia che è proprio
davanti a me, con un rapido gesto, mi abbassa le mutande e si mette a ridere.
Tutte e tre si mettono
a ridere, io rimango li a bocca aperta non capendo il perché della loro
reazione, poi Carla, guardandomi, esclama “non ho mai visto un pene così
piccolo, non dirmi che è già in tiro!”, Grazia incalza “per me appena lo tocco
si piega!” e Monica infierisce “sembra quello di un bambino di cinque anni”.
In un attimo, divento
ancora più rosso; le tre se ne accorgono e continuano nelle umiliazioni: “ma
con quel coso riesci a venire o è solo di bellezza?” “Per me non è mai venuto
per paura di romperlo” “Guarda guarda, si sta ammosciando, tra poco potrebbe
sparire”. Le risate aumentano di intensità, mentre il mio membro si affloscia
definitivamente e mi assale un senso di frustrazione che per poco non scoppio
in lacrime.
“Oh, piccolo, non te la
prendere”, mi sussurra Grazia dandomi un bacio sulla guancia, “mi sa che
abbiamo trovato la soluzione al tuo problema”: Monica mi sfila la canottiera e
le mutande, poi mi spinge e mi fa sedere sul letto, inizia ad infilarmi un autoreggente bianco sulla gamba destra, mentre Carla si toglie
il reggiseno e le mutandine.
Gamba sinistra e poi le
mutandine di pizzo bianche, mentre Carla mi allaccia il suo reggiseno. “Noi
pensavamo che fossi un bel maschione, ma in realtà sei una femminuccia, ti si è
pure afflosciato davanti a tre donne sexy!”.
Non ho replicato, in
effetti era vero, mi si è afflosciato e continua ad esserlo anche con su la
biancheria intima; sono confuso, triste, sull’orlo di piangere, mentre Grazia
si avvicina con un rossetto rosso e inizia a truccarmi.
Sono confuso, Monica mi
sussurra all’orecchio “Lasciati andare Giorgia, fai uscire la femmina che è in
te”, mentre Grazia ora è passata all’ombretto sulle palpebre.
Sentire il mio nome al
femminile mi ha provocato una strana sensazione, mi ha fatto l’effetto di perdere
in un solo colpo le certezze di uomo e l’eccitazione di trovarmi intorno tre
donne vogliose.
“Ecco fatto, guardati,
come ti sembra Giorgia, sei proprio carina”. Mi strizza l’occhio, la fisso e il
mio sguardo si posa sullo specchio che ho davanti al naso. Mi guardo e per un
attimo non capisco, vedo il volto di una ragazza, rossetto rosso, mascara,
ombretto azzurro, poi piano piano mi accorgo che sono io, il mio volto si
distende e mi lascio andare in un sorriso.
“Sdraiati qui tra noi”
dice Monica, che si è tolta il reggiseno e che mi sta mettendo la mano sul suo
seno “Toccalo, desideri averlo anche tu vero?”, mentre Carla mi pizzica i
capezzoli e Grazia inizia a massaggiarmi vicino all’inguine. Il mio pene inizia
ad avere un’erezione, quando Grazia me lo prende con la mano ed inizia a
stringerlo forte: io emetto un grido che viene soffocato da Carla che mi mette
la sua lingua nella bocca dandomi un bacio appassionato…
“Dovrai venire solo
quando lo vogliamo noi, d’accordo?” Io annuisco, ancora con la lingua di Carla
in bocca, “D’ACCORDO?” “si, si” proprio mentre Carla si allontana dalle mie
labbra, “D’ACCORDOOOO?” con un’ultima stretta di Grazia che mi fa emettere un
si, che è un incrocio tra gioia e dolore. Me lo lascia, e lui si affloscia di
colpo, inerme. Le mie gambe si allargano e inizio a respirare affannosamente
per riprendere fiato.
Monica si avvicina al
mio viso, mi guarda divertita e mi dice “non sei contenta di essere la nostra
schiavetta per una decina di giorni?” Io la guardo spalancando gli occhi,
mentre Grazia mi mette una cosa fredda sul mio pene: alzo lo sguardo proprio
quando sento un clic, una gabbietta di metallo ora lo avvolge, bloccata da un
lucchetto.
“La chiave la tengo io,
e ora questo” indicandomi un plug anale di metallo che sparisce dalla mia
vista: sento freddo, tento di resistere, ma lo sento entrare fino in fondo;
emetto un gemito di piacere.
“Ci supplicherai tra un
po’ Giorgia” mi dice ancora Monica divertita: mentre, girandomi di pancia, mi
mettono delle manette alle mani e ai piedi e sulla bocca un gag-ball che mi
viene stretta sulla nuca.
Ed ora giù, con un
calcio mi fanno rotolare giù dal letto, cado di schiena e rimango così, con le
gambe semiaperte a fissare il soffitto, una lacrima mi scende sulla guancia.
Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd - marzo 2020
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