FEMINIZED STORIE vol.2

FEMINIZED STORIES vol.2

Ed eccolo qui! Il nuovo libro della Vale. - (clicca sulla scritta sopra per leggere l'articolo) - Ancora una raccolta di racconti sulla ...

domenica 9 febbraio 2020

HOSPITAL

Femminilizzazione forzata intro: indossare i collant, la loro sensazione sulla pelle, provarli in privato, osare a provarli all'aperto, sperando non succeda qualcosa di imbarazzante...

Stamattina si, era già da un po’ di tempo che ci pensavo ma non ho mai trovato il coraggio; si certo, a casa ogni tanto le metto, mi piace passeggiare e sentire il contatto sulla mia pelle, ma uscire in pubblico, quello no. 

Mi tolgo il pigiama e le prendo, con cautela, prima infilo il piede destro, sento il nylon avvolgere dapprima il polpaccio, poi salire su su fino alla coscia; poi l’altro piede, stessa operazione, e poi in piedi, tiro su i collant fino a coprirmi le mutandine e la sola pressione mi fa eccitare e mi fa ingrossare il pene che cerca di liberarsi da quella morsa, invano.

Poi però, un paio di calze e i jeans ed il gioco è fatto, come ogni giorno, solo che ad ogni passo le sento strusciare contro i jeans, una splendida sensazione, ma arrossisco pensando “e se qualcuno sentisse e sospettasse qualcosa?”; colazione e poi via, in macchina, non ci penso più.

Al lavoro, due ore filate sulla scrivania, e alle dieci, per la pausa caffè, quella decina di metri che mi separa dalla macchinetta, sembra una sfilata, e vorrei tanto avere pure i tacchi alti, una gonna e guardare con la coda degli occhi i miei colleghi che mi osserverebbero stupiti.

Ore dodici e ancora un mucchio di lavoro arretrato da fare: “vengo dopo”, dico ad un mio collega che mi chiede se vado in mensa, ancora qualche documento, sono un pelo stanco ma è quasi finito, non mi accorgo che sono già le due del pomeriggio passate, ultima stampata, mannaggia è finita la carta, mi alzo di scatto e faccio due passi verso il mobile, forse troppo veloce e comincia a girarmi la testa; cerco di controllarlo, è successo già altre volte, ma questa volta gira tutto vorticosamente e mi si appanna la vista.

Sento un lontano “ti senti bene”, le mie mani cercano di afferrare qualcosa che però si muove con me, ancora voci, sempre più lontane, sempre più confuse, “chiamate un’ambulanza”, poi nulla più.

Beep… Beep… Beep…

Mi sveglio di soprassalto, quasi, scuoto leggermente il capo ed apro gli occhi, anzi, cerco di aprirli: dopo qualche tentativo si aprono, la vista annebbiata, inquadro una luce verde, poi riesco a mettere a fuoco, un cartello di uscita di emergenza, sposto lo sguardo verso destra, un armadio, una finestra, una flebo; guardo verso il mio braccio destro e da li parte un tubo che riceve il medicinale, guardo verso sinistra e un letto vuoto, cerco di muovere la mano sinistra a fatica, che va sotto le coperte a cercare qualcosa.

Tocco, ritocco, quasi un sospiro di sollievo: un paio di mutande, da uomo, ma cosa è successo, stavo camminando o cosa, a si, ero al lavoro e mi è girata la testa, inarco la fronte e sento un leggero fastidio, porto la mano alla fonte del dolore, tasto, un bel bernoccolo sotto la fasciatura che mi avvolge la testa, sarò caduto, forse qualcuno mi spiegherà…

La giornata trascorre con un via vai di amici e parenti: "uno svenimento" mi hanno spiegato, forse dovuto al carico di stress delle ultime settimane, il poco mangiare, il poco sonno e sono arrivato allo stremo; qualche controllo e in una settimana dovrei essere fuori.

Stasera poi alle diciotto la cena, un po’ di pasta in bianco, due fette di prosciutto e del purè, mela cotta: mangiato tutto avidamente anche se mi sentivo sazio e poi sonno, quasi a recuperare le ore perse dell’ultimo mese.

Verso le ventidue qualcuno mi sveglia, apro gli occhi e sono le due infermiere che fanno il primo giro della serata dopo il cambio turno. Guardano la mia cartella, poi la prima fa alla seconda “qui me ne occupo io, tu pensa al lato est ora”, si congeda con un saluto che ricambio e l’infermiera mi guarda e mi chiede:

“Si sente bene signore”
“Si, ehm, come si chiama?”
“Mi chiamo Norah, sono felice che ti sia ripreso, quando sei arrivato non eri messo bene
“Ricordo poco o nulla”
“Io invece mi ricordo molto bene”

Lo dice con una voce strana, il suo sguardo se fa strano, si avvicina alla porta e la chiude, a chiave, poi si avvicina al mio letto, mi prende la mano sinistra e la avvicina alla sponda; con un rapido gesto, mi lega il polso alla sponda con una fettuccia a strappo e fa così anche per l’altro braccio, togliendomi la flebo.

“E’ la prassi, mi spiace, non vogliamo che i nostri pazienti vadano in giro di notte…”

Io la guardo e sto per dire qualcosa, ma lei avvicina il suo dito sulle mie labbra e mi sussurra: “shhhh… non una parola, non mi rendere la cosa difficile, ora ascolta”
Mi toglie la coperta e poi mi sfila i pantaloni del pigiama assieme alle mutande…
“Ho qui una cosina per te”.

E sfila da sotto il camice un paio di mutandine e dei collant; per un attimo mi si gela il sangue, un turbine di emozioni mi assale e sono quasi paralizzato, mentre lei inizia a infilarmi la mutandine.
“Norah, cosa stai facendo”
“Shhh, silenzio Valentina, ti ho detto di non parlare”
“Valentina? Chi è Valentina?”

Si sposta sul mio lato destro, mi aggiusta la mutande e me lo prende in mano stringendomelo, le sue labbra si avvicinano al mio volto, mi guarda negli occhi e mi sussurra:
“vuoi che stringo più forte Valentina o stai un po’ in silenzio?”
“Ma io intendevo dire, ahhhhh”

Una stretta ancora più forte della sua mano e mi fissa nuovamente negli occhi.
“mmm” sussurro e lei lascia la presa e mi dice “brava Valentina, vedi che se vuoi ragioni?”
Mi infila i collant fin sulla vita e poi inizia a massaggiarmi le gambe con il mio membro che va in erezione.

“Valentina, Valentina, una donna non può averlo duro, ti do tempo tre secondi per metterlo a nanna, uno, due e tre”.

Inutile dire che rimane in quella posizione, anzi sembra ingrossarsi ancora di più.
“Ti dovrò punire per questo”.

E spostandomi ancora una volta sulla mia sinistra, mi prende la gamba sinistra , la solleva e me la spinge verso il cuscino: qui compare sulla sponda del letto un’altra fascia che mi lega alla caviglia, poi passa all’altra gamba e ripete l’operazione; sono sdraiato di schiena con le braccia legate alle sponde laterali e le gambe sopra la mia faccia legate alla sponda del letto.

Sento che mi toglie i collant e le mutandine dal sedere, la sua mano si avvicina al mio buco, sento che con un dito inizia a penetrarlo, sento una sostanza fresca che mi spalma attorno ad esso.

Sono in una posizione scomodissima, con i muscoli delle gambe che iniziano a farmi male, si avvicina di nuovo alla mia sinistra, la guardo, si toglie i gambaletti, uno ad uno, con calma ed eleganza, mi guarda con gli occhi chiedendomi se li voglio, poi ne arrotola uno e me lo infila in bocca, mentre l’altro me lo lega tra collo e bocca, stringendo forte, impedendomi di chiudere la bocca e di togliermi quello che mi ha infilato prima.

Poi prende un foulard e me lo avvolge intorno al viso, stringendomelo dietro alla nuca, impedendomi di vedere e poi si allontana, sento qualche piccolo rumore, il cuore inizia a battere più velocemente e poi silenzio.

Sento qualcosa che mi penetra, qualcosa di grosso, che si fa largo nel mio buchetto, dapprima piano, poi ad un ritmo più veloce, sento la sua voce “ti piace Valentina, ti piace cucciola mia?” Io emetto un breve suono e lei inizia ad andare più veloce, su e giù, sempre più in profondità, lancio un urlo soffocato, lei si ferma, poi un solo colpo e mi penetra con tutto il suo membro, spingendo sempre di più, mentre il mio urlo si fa più forte.

Mi slega le caviglie e le mie gambe si piegano su di lei, mi toglie il foulard e il bavaglio e mi dice: “Valentina, vuoi il succo del mio amore?”

Col cuore che palpita a mille, il corpo che mi trema e la bocca intorpidita, emetto un sommesso “si”.

Lo sfila, arretra di qualche centimetro e mi abbassa il fondoschiena e le gambe, la guardo mentre avanza verso di me, il suo corpo liscio, le sue gambe depilate, il suo piccolo seno turgido, e il suo strapon, che si avvicina sempre di più alla mia bocca, che si apre per accoglierlo.

La lascio semiaperta, Norah inizia ad ondeggiare il bacino, penetrandomi sempre di più, fino ad arrivarmi in gola, lo toglie completamente e lo reinfila, mentre il apro e chiudo la bocca per sentirlo mio.

“Sta arrivando Valentina, prendilo tutto”, ancora una decina di colpi e vengo inondata da una sostanza calda che scivola dalla sua vagina, cala sullo strapon e mi inonda il viso: inghiotto avidamente, mentre lei si adagia sul mio viso fino quasi a soffocarmi; ripulisco il tutto mentre me lo sfila lentamente.

Una volta tolto, avvicina il suo volto al mio viso, mi guarda, mi strizza l’occhio e mi sussurra “Valentina, Valentina, ti piace succhiarlo allora?”

Io ancora eccitato e sconvolto allo stesso tempo sussurro un timido “si”.

Lei mi stampa un bacio sulla bocca, mi guarda, le scappa una piccola risatina, si alza e si avvicina alla porta: “cerca di fare del tuo meglio Valentina”, gira la chiave, tira la maniglia verso di se ed esce dalla stanza scomparendo alla mia vista.

Mentre alzo lo sguardo verso il soffitto, soddisfatto, con un piccolo sorriso che mi scaturisce dalle labbra, sento ancora la sua voce che dice “Valentina è tutta vostra”.

Abbasso lo sguardo e vedo entrare tre ragazzi col camice verde, lo aprono, se lo tolgono, e nudi, avanzano verso di me…

Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd- febbraio 2020

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