Stamattina si, era già da un po’ di tempo che ci pensavo ma non ho mai trovato il coraggio; si certo, a casa ogni tanto le metto, mi piace passeggiare e sentire il contatto sulla mia pelle, ma uscire in pubblico, quello no.
Mi tolgo il pigiama e le prendo, con
cautela, prima infilo il piede destro, sento il nylon avvolgere dapprima il
polpaccio, poi salire su su fino alla coscia; poi l’altro piede, stessa
operazione, e poi in piedi, tiro su i collant fino a coprirmi le mutandine e la
sola pressione mi fa eccitare e mi fa ingrossare il pene che cerca di
liberarsi da quella morsa, invano.
Poi però, un paio di calze e
i jeans ed il gioco è fatto, come ogni giorno, solo che ad ogni passo le sento
strusciare contro i jeans, una splendida sensazione, ma arrossisco pensando “e
se qualcuno sentisse e sospettasse qualcosa?”; colazione e poi via, in
macchina, non ci penso più.
Al lavoro, due ore filate sulla scrivania, e alle dieci, per la pausa caffè, quella decina di metri che
mi separa dalla macchinetta, sembra una sfilata, e vorrei tanto avere pure i
tacchi alti, una gonna e guardare con la coda degli occhi i miei colleghi che
mi osserverebbero stupiti.
Ore dodici e ancora un mucchio
di lavoro arretrato da fare: “vengo dopo”, dico ad un mio collega che mi chiede se vado
in mensa, ancora qualche documento, sono un pelo stanco ma è quasi finito, non
mi accorgo che sono già le due del pomeriggio passate, ultima stampata,
mannaggia è finita la carta, mi alzo di scatto e faccio due passi verso il
mobile, forse troppo veloce e comincia a girarmi la testa; cerco di
controllarlo, è successo già altre volte, ma questa volta gira tutto vorticosamente e mi
si appanna la vista.
Sento un lontano “ti senti
bene”, le mie mani cercano di afferrare qualcosa che però si muove con me, ancora
voci, sempre più lontane, sempre più confuse, “chiamate un’ambulanza”, poi
nulla più.
Beep… Beep… Beep…
Mi sveglio di soprassalto,
quasi, scuoto leggermente il capo ed apro gli occhi, anzi, cerco di aprirli:
dopo qualche tentativo si aprono, la vista annebbiata, inquadro una luce verde,
poi riesco a mettere a fuoco, un cartello di uscita di emergenza, sposto lo
sguardo verso destra, un armadio, una finestra, una flebo; guardo verso il mio
braccio destro e da li parte un tubo che riceve il medicinale, guardo verso
sinistra e un letto vuoto, cerco di muovere la mano sinistra a fatica, che va
sotto le coperte a cercare qualcosa.
Tocco, ritocco, quasi un
sospiro di sollievo: un paio di mutande, da uomo, ma cosa è successo, stavo
camminando o cosa, a si, ero al lavoro e mi è girata la testa, inarco la fronte
e sento un leggero fastidio, porto la mano alla fonte del dolore, tasto, un bel
bernoccolo sotto la fasciatura che mi avvolge la testa, sarò caduto, forse
qualcuno mi spiegherà…
La giornata trascorre con un
via vai di amici e parenti: "uno svenimento" mi hanno spiegato, forse dovuto al
carico di stress delle ultime settimane, il poco mangiare, il poco sonno e sono
arrivato allo stremo; qualche controllo e in una settimana dovrei essere fuori.
Stasera poi alle diciotto la cena, un po’ di pasta in bianco, due fette di prosciutto
e del purè, mela cotta: mangiato tutto avidamente anche se mi sentivo sazio e
poi sonno, quasi a recuperare le ore perse dell’ultimo mese.
Verso le ventidue qualcuno mi
sveglia, apro gli occhi e sono le due infermiere che fanno il primo giro della
serata dopo il cambio turno. Guardano la mia cartella, poi la prima fa alla
seconda “qui me ne occupo io, tu pensa al lato est ora”, si congeda con un
saluto che ricambio e l’infermiera mi guarda e mi chiede:
“Si sente bene signore”
“Si, ehm, come si chiama?”
“Mi chiamo Norah, sono felice che ti sia
ripreso, quando sei arrivato non eri messo bene”
“Ricordo poco o nulla”
“Io invece mi ricordo molto bene”
Lo dice con una voce strana, il suo sguardo
se fa strano, si avvicina alla porta e la chiude, a chiave, poi si avvicina al
mio letto, mi prende la mano sinistra e la avvicina alla sponda; con un rapido
gesto, mi lega il polso alla sponda con una fettuccia a strappo e fa così anche
per l’altro braccio, togliendomi la flebo.
“E’ la prassi, mi spiace, non vogliamo che i
nostri pazienti vadano in giro di notte…”
Io la guardo e sto per dire qualcosa, ma lei
avvicina il suo dito sulle mie labbra e mi sussurra: “shhhh… non una parola,
non mi rendere la cosa difficile, ora ascolta”
Mi toglie la coperta e poi mi sfila i
pantaloni del pigiama assieme alle mutande…
“Ho qui una cosina per te”.
E sfila da sotto il camice un paio di
mutandine e dei collant; per un attimo mi si gela il sangue, un turbine di
emozioni mi assale e sono quasi paralizzato, mentre lei inizia a infilarmi la
mutandine.
“Norah, cosa stai facendo”
“Shhh, silenzio Valentina, ti ho detto di non
parlare”
“Valentina? Chi è Valentina?”
Si sposta sul mio lato destro, mi aggiusta la
mutande e me lo prende in mano stringendomelo, le sue labbra si avvicinano al
mio volto, mi guarda negli occhi e mi sussurra:
“vuoi che stringo più forte
Valentina o stai un po’ in silenzio?”
“Ma io intendevo dire, ahhhhh”
Una stretta ancora più forte della sua mano e
mi fissa nuovamente negli occhi.
“mmm” sussurro e lei lascia la presa e mi
dice “brava Valentina, vedi che se vuoi ragioni?”
Mi infila i collant fin sulla vita e poi
inizia a massaggiarmi le gambe con il mio membro che va in erezione.
“Valentina, Valentina, una donna non può
averlo duro, ti do tempo tre secondi per metterlo a nanna, uno, due e tre”.
Inutile dire che rimane in quella posizione,
anzi sembra ingrossarsi ancora di più.
“Ti dovrò punire per questo”.
E spostandomi ancora una
volta sulla mia sinistra, mi prende la gamba sinistra , la solleva e me la
spinge verso il cuscino: qui compare sulla sponda del letto un’altra fascia che
mi lega alla caviglia, poi passa all’altra gamba e ripete l’operazione; sono
sdraiato di schiena con le braccia legate alle sponde laterali e le gambe sopra
la mia faccia legate alla sponda del letto.
Sento che mi toglie i
collant e le mutandine dal sedere, la sua mano si avvicina al mio buco, sento
che con un dito inizia a penetrarlo, sento una sostanza fresca che mi spalma
attorno ad esso.
Sono in una posizione
scomodissima, con i muscoli delle gambe che iniziano a farmi male, si avvicina
di nuovo alla mia sinistra, la guardo, si toglie i gambaletti, uno ad uno, con
calma ed eleganza, mi guarda con gli occhi chiedendomi se li voglio, poi ne
arrotola uno e me lo infila in bocca, mentre l’altro me lo lega tra collo e
bocca, stringendo forte, impedendomi di chiudere la bocca e di togliermi quello
che mi ha infilato prima.
Poi prende un foulard e me
lo avvolge intorno al viso, stringendomelo dietro alla nuca, impedendomi di
vedere e poi si allontana, sento qualche piccolo rumore, il cuore inizia a
battere più velocemente e poi silenzio.
Sento qualcosa che mi
penetra, qualcosa di grosso, che si fa largo nel mio buchetto, dapprima piano,
poi ad un ritmo più veloce, sento la sua voce “ti piace Valentina, ti piace
cucciola mia?” Io emetto un breve suono e lei inizia ad andare più veloce, su e
giù, sempre più in profondità, lancio un urlo soffocato, lei si ferma, poi un
solo colpo e mi penetra con tutto il suo membro, spingendo sempre di più,
mentre il mio urlo si fa più forte.
Mi slega le caviglie e le
mie gambe si piegano su di lei, mi toglie il foulard e il bavaglio e mi dice:
“Valentina, vuoi il succo del mio amore?”
Col cuore che palpita a
mille, il corpo che mi trema e la bocca intorpidita, emetto un sommesso “si”.
Lo sfila, arretra di qualche
centimetro e mi abbassa il fondoschiena e le gambe, la guardo mentre avanza
verso di me, il suo corpo liscio, le sue gambe depilate, il suo piccolo seno
turgido, e il suo strapon, che si avvicina sempre di più alla mia
bocca, che si apre per accoglierlo.
La lascio semiaperta, Norah
inizia ad ondeggiare il bacino, penetrandomi sempre di più, fino ad arrivarmi
in gola, lo toglie completamente e lo reinfila, mentre il apro e chiudo la
bocca per sentirlo mio.
“Sta arrivando Valentina,
prendilo tutto”, ancora una decina di colpi e vengo inondata da una sostanza calda che
scivola dalla sua vagina, cala sullo strapon e mi inonda il viso: inghiotto avidamente, mentre lei si adagia sul mio viso fino quasi a
soffocarmi; ripulisco il tutto mentre me lo sfila lentamente.
Una volta tolto, avvicina il
suo volto al mio viso, mi guarda, mi strizza l’occhio e mi sussurra “Valentina,
Valentina, ti piace succhiarlo allora?”
Io ancora eccitato e
sconvolto allo stesso tempo sussurro un timido “si”.
Lei mi stampa un bacio sulla
bocca, mi guarda, le scappa una piccola risatina, si alza e si avvicina alla
porta: “cerca di fare del tuo meglio Valentina”, gira la chiave, tira la
maniglia verso di se ed esce dalla stanza scomparendo alla mia vista.
Mentre alzo lo sguardo verso
il soffitto, soddisfatto, con un piccolo sorriso che mi scaturisce dalle
labbra, sento ancora la sua voce che dice “Valentina è tutta vostra”.
Abbasso lo sguardo e vedo
entrare tre ragazzi col camice verde, lo aprono, se lo tolgono, e nudi,
avanzano verso di me…
Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd- febbraio 2020
Storie di femminilizzazione forzata, by Vale84cd- febbraio 2020
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